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sabato 20 luglio 2013

Appello alle/ai viandanti verso Dea e a coloro che salgono sulla barca per Avalon





Non un solo sentiero, guida i viandanti alla vetta.

Non uno solo, il versante percorribile. Ma molti, tanti forse infiniti i cammini possibili. E altrettante le tappe.
Perché avere timore di chi semplicemente percorre il sentiero dal versante opposto? Potrebbe aver visto panorami che non riusciamo a scorgere. Potremmo incrociarci, e raccontarci reciprocamente di questi panorami che non possiamo vedere… nessuno di noi può vedere tutto. NESSUNO davvero.

E’ da molto che cerco di pubblicare questo appello, e forse eccolo, il momento buono.

Tanti sono i sentieri verso Dea, in generale. Tanti, nello specifico, i percorsi ispirati alla tradizione Avaloniana, e sempre di più se ne creano, basta guardare rapidamente i risultati di ricerca su google.
In questo accorato appello, voglio denudarmi, scoprire il mio orgoglio, nella speranza che possa tornare utile a chi, come me, desidera tendere la mano e non innalzare muri. Non più.

Non sono sempre stata così. Per cultura ed educazione ricevuta.. la mia mole di rabbia faceva in modo che il mio ego si sentisse sempre sotto attacco, sempre ferito.
Quando si è stati a lungo feriti, diciamo anche maltrattati, è ciò che accade. Dobbiamo tutti salvare la nostra dignità. La nostra identità.
Talvolta è così, che “l’altro” finisce per diventare minaccioso. Ci sembra che per il solo fatto di essere diverso da noi, questo possa rappresentare la distruzione del nostro mondo.
E anche io ci sono passata. Quanto più credevo di aver trovato un pezzo di me, a fatica, perché è una lotta, è difficile, tanto più mi accanivo contro coloro che un po’ mi somigliavano, ma non mi erano identici.
Questo perché avevo paura. Di smarrirmi, di perdere quanto avevo conquistato.
Ero io così, io “lo vedevo”, come potevano (o osavano) gli altri non vedere?
La mia autostima era così bassa, che necessitavo del controllo, del potere. Quel potere riempiva il vuoto della mia insicurezza. Se altre persone combattono contro il mio stesso “nemico”, io ho la scusa per non mettermi mai in discussione. Ecco perchè, a volte, si cerca il potere.
 L’ho conosciuto, si, ed è anche per questo che lo temo. E ora lo rifiuto. Perché quando si ha sofferto, il lavoro non finisce mai, e quasi ogni giorno mi ripeto le parole che scrivo qui, per non caderci mai di nuovo….per non rinunciare a crescere. Per non fare del male inutilmente.
“L’altro”, il “nemico”, non lo conosci davvero. Anzi, temi di conoscerlo, perché se magari scoprissi che non è poi così male, il palco cascherebbe!!!! –E’ la tradizione che seguo,  nella quale mi sono formata, davvero così male?
Non lo conosci, “l’altro”, ma ci proietti in lui cose, azioni e pensieri che sono coerenti con il ruolo che vuoi che lui ricopra. Di solito, un ruolo terribile. “Se l’altro è cattivo, se sbaglia io allora ho ragione. E io voglio aver ragione!” -Che cosa hai bisogno che “io” diventi, perché tu possa continuare a sentirti quello che desideri essere? Io non lo voglio, questo ruolo! Io non sono un pericolo per te. La mia tradizione, non è un pericolo per te.

 (scrivo in prima persona, per semplificare la comprensione)

E’ vero o no che accade questo? L’ho sperimentato, sia da una parte, che dall’altra.
MA IO CREDO DAVVERO CI SIA POSTO PER TUTTI/E. DAVVERO. C’è un altro modo di vedere le cose. Che permette a chiunque di alleggerirsi e vivere più serenamente.

In Italia, inoltre, siamo anche abituati a un pensiero “unico”. Si, ci sono quelli che fanno “le cose giuste”, e quelli che deviano.
C’è da secoli un’unica religione, quella “giusta”. E poi ci sono gli eretici, gli infedeli. E ahimè, in questo siamo cresciuti/e. Che nemmeno ce ne rendiamo conto!
C’è una dieta giusta, e poi ci sono quelli strani, i pazzi.
C’è la genitorialità giusta, e le madri snaturate.
C’è una moda giusta, e ci sono poi i fricchettoni, stravaganti, straccioni.
C’è una squadra di calcio del cuore, gli altri picchiamoli allo stadio.
Un unico modo, un unico sentiero.
C’è un partito giusto e unico. Gli altri, se ne vadano in campo di concentramento. Si, è forte, ma è la medesima logica.
In qualche modo noi Italiani abbiamo più di altri popoli questa maledizione nelle vene. Separati, appassionati, in guerra perenne. Campanilisti…
Accade anche nelle mille branchie della spiritualità.
Accade tra i mille sentieri Avaloniani che si stanno formando. Così simili, e così diversi nell’uso dei propri strumenti.
So che sarà questa la nostra sfida: imparare a rispettarci, supportarci, anche nelle rispettive differenze e nei rispettivi disaccordi.
O restare a ridicolizzarci, a fondare la nostra identità sulla differenza dall’altra tradizione, magari esibita con fierezza.


O a stabilire chi stia camminando sull’Unica Via, quella Giusta, e chi invece no. Davvero crediamo ancora all’Unica Via? A me questo si, fa paura!! Chi lo dice quale è più giusta? In base a quale obiettivo? In base a quali strumenti?

Fare a gara a chi sia più degno di esser chiamato sacerdote o sacerdotessa, impegnando più le nostre energie a criticare l’altro, piuttosto che ingentilire il mondo attorno a noi, e noi stessi/e.

Vincere tutti/e. O perdere tutti/e. Queste sono le opzioni. O davvero si crede che se uno perde in una lotta tanto assurda, l’altro vinca? Di certo, non vince il mondo, non ne guadagna il Wyrd, non vince Dea.

Cosa o chi è dunque, Dea che diciamo di amare tanto? E’ forse regina delle separazioni? Dell’esclusione? E’ forse Lei, che ci insegna che un solo cammino è possibile? O non è forse questa, una debolezza umana, che molti han conosciuto, io compresa e forse ci dobbiamo passare tutti, ma che davvero poco ha a che vedere con Dea…la quale, "poveretta", poco si interessa alle nostre beghe e alle nostre rivendicazioni identitarie. Gli dei, nelle guerre di religione fin troppo, son stati chiamati in ballo! Ma invece le guerre erano tra orgogli feriti, non tra dei. E le parole, sono le stesse… unica via (o unico dio), via più giusta, verità geniuna, falsi dei (o falsi sacerdoti?), false dottrine, eresie…. Non impariamo dalla storia? Non vediamo, che è la stessa identica minestra? Così non cambieremo nulla, e, lasciatemi dire, che occasione sprecata...

Ben altro Lei insegna. Non è l’esclusione il suo mondo. Non è il potere, non la gerarchia frutto di pensiero umano gravato da un eccesso di ideali androcentrici e patriarcali. Lei tutte/i accoglie nel suo abbraccio. C’è posto per tutte/i. Per tutti/e.

Ho ricevuto delle lettere, o delle parole, in privato nella mail o di persona. Alcune meravigliose, altre terribili, relativamente al mio percorso. Usciamo allo scoperto! Perché tanta ostilità?
Mi si diceva che forse io vivo in un gioco. Un enorme ridicolo gioco di ruolo.
Un gioco, forse, ma che io chiamo vita. E in cui credo fermamente.

Mi si è detto che sono ridicola. E assieme a me, anche coloro che chiamo fratello o sorella.
Ma io voglio chiamare fratello e sorella anche te. E faccio del mio meglio, sai, mi impegno così tanto, ogni singolo giorno, ogni azione che compio, cerco coerenza. Nel mio lavoro, nella mia famiglia, anche verso di te, che pure detesti tanto questa tradizione alla quale devo molto di ciò che sono.

Ho letto parole crude e arbitrarie, sui miei ideali e su mie presunte azioni.
Io sbaglio, come tutti sbagliamo, ma faccio anche tante cose. Mi conosci davvero a fondo? MI CONOSCI? Hai letto cosa scrivo, mi hai parlato, sei venuto a vedere come vivo a casa la mia vita, come facilito le mie cerimonie, come è allestito il mio tempio, come la gente si sente all'interno di esso, mi hai chiesto come la penso su quello che di me non ti piace? Ti sei chiesto “perché”? Per puro spirito di buffonaggine? Tanta energia, solo per “fare i fighi”? Davvero credi questo? 
L

E dietro queste cose, per te così ridicole, dietro queste idee, c’è un pensiero.

Un pensiero vuol dire che nulla è lasciato al caso.
Un pensiero significa un intento.

Un intento va indagato, conosciuto, prima che giudicato.
Se poi non piace, va bene. Fa parte dell’esser su sentieri diversi.

Ma perché mancarci di rispetto allora?
Un intento, un pensiero, costa lavoro. Costa passione. Costa sincerità e apertura di cuore.
E tutte queste cose, non sono forse meritevoli di rispetto?

Tendiamoci la mano, sorelle mie, fratelli miei. Si può non condividere un’idea, senza per questo ridicolizzare o screditare le persone che ci stanno dietro.
Scaliamo con fatica e impegno la medesima montagna. E’ dura.

Non serve a nessuno seminare mine sul sentiero. Cosa vi da, veramente? L’illusione di essere sulla via giusta?
Ma voi lo siete già. Ciascuno di noi ricercatori, lo è già. C’è una via per ogni ricercatore. Ciascuno di noi partecipa con i suoi doni all’immenso ricamo che è l’universo. Non ha senso, ricamare tutti nel medesimo punto! E col medesimo punto.. ;)

Forse il segreto sta proprio in quella parolina là. Intento.
Se il nostro intento è limpido, perché demolirci? Non siamo noi “i cattivi”, quelli che stanno distruggendo il mondo. No! Guardiamo al senso che ci accomuna, noi lo vogliamo migliorare! E migliorare noi stessi/e. Per questo siamo su questo cammino, no?
Come lo miglioriamo, se creiamo tanta bruttura lasciando agire la nostra rabbia cieca? Se cerchiamo subito la mala fede nell'altro, così, in automatico? Le azioni sono ciò che siamo. Molto più che le parole. Molto più che le immagini.
Come state voi? State davvero bene così? Io sono così stanca di guerre che non servono a nulla, non servono di sicuro a farci camminare più velocemente anzi, ci zavorrano di una tale brutta energia…
Di sicuro tutto ciò non ci rende più saggi.

Io voglio le corde del Wyrd più limpide, per questo io agisco. Non dobbiamo essere d’accordo su tutto, non serve! Dobbiamo solo rispettare la dignità dei nostri percorsi.

Mi date una mano?



sabato 13 luglio 2013

La sacralità nella gravidanza e nel parto


Non c'è evento nella mia vita, che sia eguagliabile per intensità, portata di significati nuovi, sensazioni mai provate, riflessioni profonde e consapevolezza, al mio primo parto.

Credo sia un'esperienza diversa per ogni donna, e ciascuna ha il diritto di affrontarlo come più ritiene giusto per sè. Lo voglio specificare, nel caso qualcuna si possa sentire offesa dalla mia attribuzione di significati a questo evento, nonchè dalle mie scelte su come viverlo.
Non so se è solo in Italia, ma qui particolarmente il "diverso da me" equivale a "nemico", invece probabillmente è solo che ciascuna ha una strada in cui cammina, si trova in un momento particolare nella sua evoluzione, deve tessere alcuni fili -o tralasciarne altri- per apportare il suo contributo al Grande Ricamo che è l'universo intero.

Io qui voglio parlare dei miei fili.
Sono arrivata alla mia gravidanza, dal punto di vista temporale, dopo aver comunque iniziato un mio personale percorso alla ricerca del Sacro Femminino.
Non lo sapevo, se avessi poi mai affrontato l'esperienza di metter al mondo un figlio.

Certo nel mio lavoro su/con la ruota dell'anno, ho incontrato l'aspetto della Madre, a cui avevo dato voce sino a questo momento in modo diverso dalla maternità fisica. Ho sempre saputo ripetere teoricamente le qualità energetiche di questo aspetto del Sacro Femminino, di Dea, mi sono trovata a invocarla in cerimonie, a trattarne nei miei "compiti per casa", a osservarla nella natura e nei miei progetti.

E poi è successo. E tutto quanto avevo letto, studiato, ascoltato, mi sono trovata a viverlo in me, con la portata di un torrente in piena, e questo torrente ha scavato il suo corso in modo indelebile.
Quelle che prima erano intuizioni e parole, si sono tramutate in pura consapevolezza della sacralità di questa esperienza.

La nostra cultura "salta un giro": quando si pensa alla maternità sacra, scommetto che è questo ciò che tutti vedono:

Da donna dico: questo è dopo! Moooolto dopo!
Prima c'è questo:
Tagliare fuori dalla sacralità questa esperienza, saltarla a piè pari, significa operare una grossolana amputazione.
Significa omettere una serie di forti significati ai quali pare che almeno i nostri antenati, invece, dessero grossa importanza.

Ci sono molte teorie sul perchè di questa amputazione.
Di sicuro, la conseguenza nella nostra attuale cultura è un parto ancora a volte troppo medicalizzato, una minor autostima nelle donne, un corpo vissuto solo negli aspetti erotici di questo, la convinzione di non esser in grado di partorire fisiologicamente o peggio, la totale ignoranza sul fatto che il parto abbia una dimensione fisiologica e non solo patologica....... e giù pratiche per "far partorire", talvolta davvero abominevoli come l'episiotomia di routine, mio maggior spauracchio dall'infanzia.
Per me, è sempre stata una vera e propria mutilazione genitale femminile.

Non credo che l'interpretazione di certi versi biblici abbiano aiutato.
"Alla donna disse: i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli." Genesi, cap. 3
E nemmeno il ruolo culturale attribuito alla donna in famiglia, che si è trasformato in.....moglielavoratricemadredonnadellepulizieamantecuoca ecc., credo sia stato molto d'aiuto.

Se il parto diventa una punizione (primo caso), o un dovere nei confronti dell'istituzione famiglia (secondo caso), allora mi pare di capire perchè il movimento femminista abbia rigettato l'esperienza.

Anche rispetto alla sacralità, la donna diviene nel Cristianesimo mero contenitore del divino, un... forno. Un canale attraverso cui dare alla luce Dio.

Non è più lei sacra, lei in quanto piena, nella sua autonomia, come la Luna, gravida, portatrice di un mistero che la rende non più "una", ma due e una assieme, testimone vivente dell'unità primigenia, miracolosamente ricomposta e potente (farò un post, prima o poi, sull'unità primigenia.. struggente nostalgia nell'essere umano che la ricerca, fisicamente o ritualmente, di continuo).

I miti cosmogonici di creazione "curiosamente" registrano questo passaggio di testimone, dalla madre al figlio divino.. per approfondire consiglio appassionatamente il testo di Luciana Percovich "Colei che da la vita, colei che da la forma".

E' solo grazie al mio percorso, che questi significati si sono accesi in me. Ho potuto goderne, sentirne la presenza, capire.....capire dal profondo.

E mentre il mio corpo cambiava, riportandomi ricordi di specchi adolescenziali, la sacerdotessa in me parlava di un percorso di nascita con fiducia, mentre il mio fragile aspetto sociale soffriva per i pressochè unanimi pareri contrari, svilenti; voci che riportavano echi di terrore di storie tremende accadute in parti altrettanto tremendi. Ciò veniva tanto dalle donne della mia famiglia, verso il cui atteggiamento provavo delusione e dalle quali desideravo appoggio, e anche dagli uomini (a parte il mio splendido marito), verso il cui atteggiamento provavo rabbia e dai quali mi aspettavo.... che si facessero gli affari loro nel mio diritto di riscoprire la potenza del mio corpo, così tanto a lungo ignorata. Si, mi sono sentita (e per quanto riguarda educazione e allattamento -ancora mi sento) invasa.

 Interessanti emozioni. Con radici, secondo me, molto ma molto profonde.....

E l'essere che mi abitava si nutriva di me mentre io mi nutrivo della limpidezza e pulizia della sua energia vitale; non è alla stregua di un "parassita", metafora usata dalla scienza. Avviene uno scambio.
Io tutto intorno a un'altra vita, che è parte di me e al contempo è diversa da me; i piatti della bilancia finalmente in equilibrio, la sensazione è di quelle non spiegabili con le parole, e non dimenticabili per nessuna ragione.

Ma assieme alla creazione, c'è anche la distruzione. E assieme ai pensieri di vita, comparivano via via, profondi e intensi, i pensieri (o i sogni) di morte.
"Esperienza comune", mi diceva uno psicologo, ma mai raccontata dalle altre donne nella mia vita.

Morte.
Il momento del travaglio e della nascita si colora anche di questo aspetto.
E la splendida Sheela Na Gig mi si manifesta in tutto il suo significato simbolico, di Dea della soglia, guardiana del cancello tra i mondi, sorgente di vita e di morte insieme.




Mi procuro una sua statuetta, da tenere in camera fino almeno a nascita avvenuta.
E ogni sera mi addormento in contemplazione.
Morte.
Morte di colei che sono stata sino ad ora, morte delle mie relazioni, come le ho conosciute.
Morte come possibilità, per quanto remota, insita nel dare alla luce. Mia, o della mia bimba.
Morte come evento da considerare nel mio avvenire. Cessa il mio essere ragazza, col diventare madre la giovinezza si stacca da me per esser natura della mia cucciola. Non più un mondo di infinite possibilità dinanzi a me e non più quella sensazione di essere "immortale". Sento chiaro la mia mortalità, e capisco che il tempo a mia disposizione d'ora in avanti sarebbe stato considerato....alla luce di questa ritrovata consapevolezza.
Sentivo con strana e lucida certezza, che al momento del parto sarei morta. In qualche modo. E con queste emozioni, vivevo l'attesa.

Cancello. Soglia.
Io divento soglia, scelta da un'anima per il suo incarnarsi in questo mondo.
Divento cancello, connetto due mondi. Entrambi i mondi sono nella mia natura. Io, donna, guardiana della soglia.
E partorirò una bambina, la mia maternità, la paternità di mio marito. Non più solo figlia, ora anche madre.
Soglia come iniziazione.
Il parto, come iniziazione...

Decido di andare avanti. I messaggi mi sembrano chiari, e pianifico l'esperienza che, a parer mio, più di tutte mi avrebbe permesso di vivere la sacralità del momento: il parto in casa. Nella speranza che il progetto sia condiviso anche dalla mia piccola in grembo, cosa che non sempre è scontata. Nel parto, si decide in due. Si vive in due.

Le prime doglie, leggere e vivibili, mi portano in uno stato di beata attesa, comunicandomi che il processo si era avviato. Non più timore della morte. Invece, una strana consapevolezza che sa che "è di là che si passa, che il momento è giunto".
Medito, viaggio e ascolto. All'Isola di Avalon, così tanto esplorata nel precedente anno, mi accolgono festose le sacerdotesse dei tempi antichi, competenti nell'arte della maieutica, mostrandomi anfratti e polle che ancora non avevo scorto. Mi cullano i loro canti di sirene.
Acqua, tanta acqua. Sono nella vasca, ma sono nella polla di un mondo altro.
Il mio corpo sa.

Incredibile. Mi commuove. Non lo sapevo, che il mio corpo sapesse!
Non lo vedrò mai più come prima. Forse lo rispetterò di più?

Infastidita dai violenti botti di Capodanno, che mi destano dal mio viaggio, assaporo la forza violenta delle contrazioni efficaci.
Eccola, Sheela, mi osserva un pò beffarda, un pò amiccante. "Diventa me", mi suggerisce.
Mi apro, il mio corpo si apre, il cancello si apre.
Il dolore è selvaggio, ritmico, lo seguo.
E' una cosa importante. Un compito importante. Questo dolore sembra svegliarmi con forza dal torpore di secoli di dimenticanza, sembra tanto forte quanto serve a portare alla mia coscienza la forza della mia natura.
"Svegliati, sei questo".
Ha un senso. Non è una punizione. Non è inutile. Mi pare che abbia incredibilmente senso. Deve essere una mente androcentrica e patriarcale, che ha dato alle doglie il significato di castigo divino. Una bella trovata efficace, non c'è che dire....il senso lo capisco solo provandole. Prima non immaginavo. Non immaginavo.

Il mio adorabile marito chiama la mia sacerdotessa Cristina, ostetrica formidabile, che assieme alla sacerdotessa-doula Laura rinforzeranno la voce della sacerdotessa in me, dinanzi ai momenti in cui ho titubato, in cui ho temuto di non essere più capace, di non farcela.

Selvaggia.
Questa, l'energia che si liberava da me.
Contrazioni a volte senza pausa, scossoni tellurici dalle viscere del mio corpo, io, madre antica, connessa alle madri di sempre. Le sento tutte, mi vengono i brividi, sono in me. Io, Madre Terra.
Le altre donne mie sorelle, le altre mammifere, mie sorelle. Umane e animali assieme.

Si contorce il mio stomaco una, due, tre volte.
Vomito la polvere che copriva la mia luminosità.

Non ce la faccio, sono stremata. Ce la faccio, sono potente.
Lotto.
Gradualmente arrivano le spinte.
Qualcosa accade alla mia schiena.
Un brivido netto, mi sale con forza sino al cervello, mi risuona sin nella testa. Si accende, come una luce, si, la mia schiena è luminosa.
Se esiste una Kundalini, eccola, si srotola. Da vita a qualcosa.

Mio marito, impagabile alleato, aiuta a sopportare la pressione delle spinte premendo con forza la parte bassa della mia schiena. Che forza e che aiuto possono portare gli uomini sensibili e gilanici!

E divento Dea. Riprendo la mia potenza selvaggia con una forza e una voce che non ho mai saputo o creduto di avere. Ben in contrasto, con l'idea culturale della donna debole e indifesa.
A volte crollo, non ce la faccio. Le spinte durano un'eternità, vedo l'ora e mi scoraggio.
Ce la fai.
Scatta il brivido, ritorna la forza.
Spingo e urlo per lasciarmi attraversare. La guardiana della soglia deve aprire il suo cancello.
Due ore. E si vede la testa, proprio quando mi sembra di voler mollare.
Mezz'ora ancora, la sento, passa, CHE VOCE HO! e sguscia poi in un attimo fuori una creatura, il mondo cambia all'improvviso.

Poco dopo, la placenta, bellissima, ormai inutile, per la quale provo una sorta di venerazione.
Il cancello, poco a poco, si richiude. Pulsa il cordone, che non separerò dalla creaturina, almeno per un altro pò.

Non avrei potuto provare un parto più adatto a me di questo.
L'esperienza più incredibile che abbia mai vissuto. Il dolore ripagato, per quanto in me ha guarito.
Il mio corpo ora mio complice. Ora mio. Non più involucro da stressare in forme innaturali, da considerare solo nell'estetica di presunti "difetti".
Restituire il parto sacro alle donne, potrebbe forse portare un rapporto più sereno con il corpo? Una drastica discesa dei profitti del mercato di creme e cremine anticellulite, diete svariate, prodotti dietetici?

Quanti modi ci sono, per studiare Dea.
Ci sono i libri, ci sono strumenti cerimoniali e rituali. Ci sono incontri, seminari, dibattiti.
Meditazioni, viaggi, sogni.
E c'è il proprio corpo.
Le esperienze di vita.
Credo che le antiche religioni, specie quelle cosiddette "della Madre", siano state esperienziali.
Che ci fosse un bisogno di chiunque di "vivere" la sacralità, e vivere quindi la propria religione in modo totalmente attivo.

Credo che su questo si basassero molti degli antichi misteri femminili. Il vivere un aspetto di Dea, quando era il proprio momento di viverlo.  Lo scrissi sul mio diario di viaggio a Creta, dopo aver visitato con stupore l'incredibile grotta di Ilizia (Eileithyia), luogo di iniziazione misterica per e da chissà quanti secoli...
A questo momento iniziatico, lego il concetto di conoscenza/segreto. Semplicemente, non si può davvero sapere finchè non lo si sperimenta da sè. Un'iniziazione vera e propria. Un marchio temporale oltre il quale nulla sarà come prima.
La perdita di questa connessione, di questa dimensione esperienziale, è diventata la perdita di una caratteristica dell'umano, che inevitabilmente cerca altro per colmarne il vuoto, viaggiatore senza bussola nè traccia.

E' l'immanenza del divino in ciascuno di noi.

Siamo nella cultura che ha chiuso la maternità in gabbia.
Disciplinato uno dei pochi istinti ancora rimasti in noi, così come si vuol disciplinare la potenza della Natura attraverso OGM, geoingegneria, clonazione. E ancora una volta non posso fare a meno di sentirmi connessa alla Terra, e al suo destino. Madre, Sorella, partecipo della sua natura.
Un parto che non più ci appartiene, un allattamento che non più ci appartiene, un accudimento del nostro cucciolo, che non più ci appartiene ma che deve essere regolato da teorie pseudoscientifiche, esperti che ne sanno di più, che scherniscono ogni nostro tentativo di ribellione attraverso etichette quali "frichettona, hippy, egoista, pazza, incosciente", e la lista potrebbe continuare.

La fredda presunta razionalità del positivismo, vecchio o attuale, che con arroganza guarda con sospetto a ciò che rappresenta la mia più intima verità. A ciò che sento dal profondo come "la mia natura".

Una antica leggenda aborigena narra che nel tempo di sogno, gli oggetti sacri e il didjeridoo erano custoditi dalle donne.
Ma un giorno di questo tempo, i fratelli maschi, invidiosi di tale privilegio, sottrassero con l'inganno la borsa con gli oggetti sacri e il prezioso didjeridoo, che da allora rimasero prerogativa maschile.

Eccovi il mio parto, grosso evento verso la riconquista della mia borsa sacra............