Sono fresca
spettatrice di questo nuovo film Disney, con una spettacolare Angelina Jolie
che ha interpretato un altrettanto spettacolare personaggio femminile, di
quelli che sogno da anni di vedere rappresentati.
Vorrei proporre
la mia recensione, forse un po’ diversa da quelle che già si trovano in giro. A
coloro che non voglion rovinarsi la sorpresa del finale, suggerisco di
rimandare la lettura.
Già all’inizio,
la voce narrante parla di due regni vicini ma separati. Quello degli uomini,
avidi esseri governati da re, e quello pacifico delle fate, che “non ha bisogno
di re e regine, perché le sue creature si fidavano le une delle altre”. E già
qui…
Gli uomini
però guardavano con invidia al regno sereno delle fate, così pieno di potere,
magia e tesori, e decisero di armare un esercito per impadronirsi delle loro
ricchezze. Come se fosse la forza, il modo adatto per avvicinarsi a quel regno…
Una prima lettura che immediatamente mi si è affacciata è qui il rapporto,
ancora drammaticamente attuale, tra uomo e natura: un saccheggio senza rispetto
per impadronirsi di risorse, un’imposizione brutale delle proprie necessità
egoistiche che non considerano gli effetti di un simile sterminio.
La storia
inizia con un’inaspettata amicizia tra due personaggi. La bella enigmatica fata
“Malefica”, serena e giusta, e il piccolo Stefano, ragazzo umano di umili
origini ma, come si vedrà, alte aspirazioni.
I due
finiscono per innamorarsi, rompendo un vecchio tabu che non voleva gli
appartenenti ai due mondi in un tal livello di prossimità, e al compimento del
16° anno di età di Malefica, Stefano le promette il “bacio del vero amore”. “Ma
non sarà così”, anticipa la voce narrante.
Il re, in
punto di morte, dichiara ancora desiderio di vendetta per la sconfitta subita
in battaglia da Malefica e dagli esseri fatati che difendevano le loro terre e
il loro regno dall’avidità umana. Promette la corona a chi gli avrebbe portato
la testa della bella Malefica.
Stefano
ricorda una dichiarazione di Malefica fatta anni prima, quando erano bambini: “il
ferro brucia le fate”. Capisce che ha almeno due armi dalla sua parte per
conquistare la corona: la fiducia che Malefica aveva verso di lui, e la
conoscenza del segreto della debolezza delle fate.
Così cerca l’ex
amata, fingendo l’amore nuovamente rinnovato. La addormenta con una pozione, ma
quando è in punto di ucciderla non trova il coraggio. Tuttavia, con una catena
in ferro le strappa le ali, che consegnerà al re come segno della sconfitta
della protettrice del regno fatato. In cambio della corona.
E qui mi si
propone istantaneo un secondo livello di lettura, che richiama altri miti
cosmogonici arcaici: la bramosia del maschile che si impossessa degli strumenti
femminili per conquistare e mantenere il potere. Una versione moderna e fantasy
del “furto della borsa sacra” aborigeno. Due i rapporti in gioco: natura e
umanità, femminile e maschile.
E ancor più
è degna di nota la conseguenza di tale gesto. La chiusura del cuore di
Malefica, che da essere giusto e equilibrato si trasforma nella famosa “strega
cattiva” di infantile memoria. Una ferita che ha avuto il peggior potere di
destabilizzare. Una mutilazione che ha fatto smarrire la protagonista di una
parte della sua identità originaria.
Ed ecco che
la fata divenuta strega si autoproclama regina, esigendo il rispetto delle
creature fatate fino ad allora libere da vincoli gerarchici. Il regno viene
rinchiuso e protetto da una barriera di arbusti spinosi, e Malefica inizia ad
agire gli stessi valori di quel mondo che l’ha mutilata.
La ferita
ricevuta diviene vendetta. E accade il famoso giorno del battesimo della
piccola figlia di re Stefano, al quale giorno si presenta portando in dono la
sua maledizione, che addolcirà solo dopo una seconda supplica del re nemico che
si inginocchia dinanzi a lei, dinanzi agli ospiti del castello.
La piccola si pungerà con un ago di un fuso proveniente da un arcolaio, quando questa compirà il 16 compleanno.
La piccola si pungerà con un ago di un fuso proveniente da un arcolaio, quando questa compirà il 16 compleanno.
E
sarcasticamente, guardando Stefano dirà che solo “il bacio del vero amore” sarà
in grado di destarla.
Ma è da ora
in poi, che la fiaba classica si arricchisce di sorprese.
L’odio più
volte dichiarato alla piccola Aurora a poco a poco si trasforma in altro.
La
principessa è accudita da tre maldestre fate in una casa da sogno nel bosco,
lontano da filatrici e arcolai. Ma di fatto sarà Malefica a intervenire più
volte per riparare i danni causati dalle tre.
Al punto che
il rapporto tra Aurora e Malefica si fa
un rapporto tra madre e figlia.
Ecco che l’archetipo
della strega-crona si riprende il suo aspetto di madre.
Tenta di
eliminare il sortilegio imposto, ma che lei stessa rese “irrevocabile” il
giorno del battesimo della piccola. E per proteggerla, le propone di vivere con
lei nel suo regno, nella brughiera.
Quando Aurora,
al compimento del 16° anno, viene a scoprire dalle tre fate la verità sul
sortilegio e sull’identità di Malefica, fino ad allora chiamata “fata madrina”,
si allontanerà in tutta coscienza, alla ricerca del suo destino.
Torna al
castello del padre, il quale la fa immediatamente rinchiudere nella speranza di
“salvarla”, o “preservarla” nella sua innocenza di bambina.
Ma la
fanciulla vuol lasciare l’età dell’innocenza con consapevolezza. Scappa dalla
prigionia del padre, cerca l’arcolaio, si guarda il dito, lo trova e decide di
pungersi.
Cade nel
sonno profetizzato.
Ma il
disincanto rispetto al “vero amore” si ripresenta ancora una volta, e la Disney
ultimamente ne sta facendo un cavallo di battaglia. Un povero gentile giovane
principe azzurro offre un bacio che non sortisce alcun effetto; il mito della
passiva fanciulla e del maschile eroe salvifico si sgretola nella trama come
nel mio cuore (non senza soddisfazione), con la scena delle tre fate che
letteralmente e comicamente buttano il povero principe fuori dalla porta!
Il principe
non sparirà del tutto, comparirà solo alla fine, quando una Aurora, ormai
passata nell’età di essere donna, lo accoglierà SVEGLIA E COSCIENTE, nel suo
regno.
E il bacio?
Ormai da un po’ avevo annusato chi sarebbe stato il nuovo “salvatore”. E il mio
cuore attendeva la catarsi di questo momento con impazienza.
“Salvatrice”,
dovrei dire.
Il vero
amore viene dal bacio di Malefica, e il vecchio archetipo della Crona si è
ricomposto. Il potere di un bacio che ha spezzato l’incantesimo di illusione
che imprigiona tristi e inermi principesse addormentate da secoli in passiva
attesa del maschile salvifico . Il sonno di Aurora qui non dura che per poche
ore.
La Dea smembrata,
si ricompone. L’archetipo ritorna al suo originario ruolo.
La strega,
al contempo madre, ritorna a essere trasformatrice e iniziatrice; lei è il dolore che porta alla trasformazione.
Il male e il
bene cessano di rinchiudersi nelle loro fazioni idealizzate e contrapposte, e l’antica
dicotomia viene risolta in un personaggio che è magnifico, nella sua naturale
complessità.
La fanciulla
Aurora, risvegliatasi donna, sarà poi anche colei che, sfidando nuovamente il
padre, romperà la teca costruita per custodire le ali rubate col tradimento a
Malefica, le quali magicamente torneranno alla sua legittima proprietaria. La
Dea ritorna ora alla sua iniziale potenza proprio quando pareva a un passo dall’essere
distrutta.
Riesce quindi
a difendersi e cambiare le sorti della battaglia in atto, fino alla morte del
re-padre, suo primo amore.
Solo allora,
Malefica riporterà il regno delle fate all’originaria felicità, deponendo la
sua corona. E facendo di Aurora il simbolo della ritrovata unione dei due
regni, fate e uomini, natura e cultura……..