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giovedì 13 maggio 2021

L'incredibile potenza e meraviglia del parto - La nascita di Jendsana

Sulla sacralità della gravidanza e del parto ho scritto uno degli articoli più letti di questo blog, lo puoi trovare QUI

Oggi, a 2 anni esatti dalla nascita della mia seconda bimba, voglio raccontare anche di come lei è venuta al mondo.

Perché è fondamentale, a mio avviso, raccontare l'esperienza del parto? 

Perché l'immaginario attorno allo stesso è terrificante. Film e serie TV fanno la loro parte (leggi danni), come spiega molto bene Elena Skoko con il suo lavoro! 

E decadi di parti inutilmente ultra-medicalizzati hanno fatto il resto. Posizioni che sfavoriscono la buona riuscita (quella che tutte abbiamo in testa, distese sulla schiena con le gambe sulle staffe, si chiama posizione litotomica ed è di invenzione relativamente recente. Favorisce il medico non certo la partoriente né il bambino: va in senso contrario alla forza di gravità! Suvvia); manovre inutili; luci puntate... 

Sono tutte cose che interrompono il meccanismo fisiologico, che naturalmente ha le sue regole.

E' facile da capire: favorisci il meccanismo = tutto riesce meglio. Ostacola il meccanismo = fai insorgere complicazioni. 

Esistono sempre più ospedali che si allineano alla fisiologia del parto, ma per decolonizzare questo immaginario ci vorrà moltissimo tempo.

Le consuetudini di cui sopra, quelle che ostacolavano, hanno portato alla necessità di intervenire di più. Generazioni di donne hanno vissuto un parto violento, è il caso di dirlo. E naturalmente questo resta nei racconti. Come giustificare episiotomie o manovre di Kristeller inutili, se non ingigantendo rischi che magari in un parto rispettato non sarebbero mai accaduti?

I racconti spaventano, e la paura non aiuta. E il cerchio si chiude. Bene. Tra poco avrai un racconto di un parto bellissimo. Estatico direi. Non orgasmico, eh, ma estatico si.

Lessi tutto ciò che c'era da leggere con la mia prima gravidanza. E mi restò dentro: anche per la mia seconda scelsi di partorire come volevo io. 

Non in ospedale, che è un luogo che mi mette paura e disagio per le mie esperienze passate. A meno che la mia piccola non avesse avuto altri piani, perché ricordiamolo, si sceglie in due, scelsi nuovamente di darla alla luce nell'intimità della mia casa. 

La mia Jendsana a pochi giorni, foto di Nicole Frisanco

La prima cosa da comprendere è che abbiamo bisogno di poter scegliere liberamente. E non vedere le donne che scelgono diversamente da noi come nemiche. Non dobbiamo eleggere un modello unico anche nel "come e dove si partorisce", ma curarsi che le alternative siano alternative sul serio. Finché insultiamo chi sceglie diversamente, non stiamo aiutando a creare alternative in modo sano.  

Non dobbiamo cercare validazione del nostro essere "nel giusto" in questo modo, cioè facendo fuori tutto ciò che è diverso, perché questo alla lunga ci si ritorce contro. 

Nelle scelte ci sono sempre fattori individuali, a ciascuna i suoi! Non esiste "l'altra mi fa sentire sbagliata" quando le nostre scelte sono fatte in piena consapevolezza! Piuttosto aiutiamo le donne a scegliere quello che davvero è più giusto per loro, che le fa sentire più a loro agio, mandando a fanculo la pressione di parenti e amici (che anche nel mio caso è stata forte ed è terribile). Se si sceglier per accontentare loro ma no noi stesse ci togliamo potere. E il parto E' potere. Non so se mi spigo. 

In più, il parto è una di quelle cose dove non decidi da sola. Ma no i parenti, lo ripeto, che si devono fare gli affari loro, ma il bambino/a! Il nostro cucciolo può avere altri piani e questo si deve sapere per evitare sensi di colpa nel caso le cose prendano una piega diversa da quella sperata.


E ora veniamo al racconto.

Tutta la mia gravidanza è stata molto difficile, dal punto di vista degli ormoni. Ho sofferto di una terribile depressione, nausee per 7 mesi, fatti della vita che prendevano pieghe dolorose. 

La cucciola però cresceva benone, e il mio corpo, a parte essersi gonfiato come un pallone (ho preso 22kg!), faceva tutto ciò che c'era da fare. 

Il parto mette sempre un po' paura. E' nella natura delle iniziazioni. 

Il fatto che sia il secondo non migliora le cose! Ma poi arriva un momento in cui ti senti in ballo. E quando arriva, la paura se ne va. 

Ho avvertito nell'aria l'avvicinarsi dell'evento qualche giorno prima. Lo chiamo "il giro degli ormoni". Divento cucciolosa, un senso di tenerezza infinita, vivo le giornate in estasi: durante la prima gravidanza questo momento è scattato il giorno prima, con Jendsana è durato più a lungo.

Guardavo il calendario e dicevo: "il 13 è un bel giorno". 

E infatti, le prime contrazioni preparatorie partirono il 12 nel pomeriggio, mentre passeggiavo lungo il Lago di Levico, praticamente galleggiando a mezz'aria.

Il dolore è una delle cose che più spaventa, eppur anche questo è relativo. Nel primo parto lo sentii di più, la paura sul serio fa moltissimo. Poi "non sai bene", tutto è nuovo, tutto è sorpresa. 

Questa volta ho accolto quelle contrazioni fin troppo bene. Sono arrivata a casa, ho cenato, sono andata a letto che diventavano più vispe, ma mi sentivo "drogata" e estatica, al punto che se anche aumentavano di intensità, io dicevo a mio marito "ma magari non è ancora ora". Per quello "fin troppo bene": tra un po' non mi accorgevo che stavo partorendo!

Fa ridere a ricordarlo, ma per me è il segnale che tutto stava andando secondo fisiologia: il corpo ha il suo meccanismo anche di reazione al dolore! Favoriamolo, invece che ostacolarlo!

L'immagine dell'onda mi fu utile un'altra volta: le contrazioni vanno e vengono, non è un dolore costante. Lo senti arrivare come un qualcosa da lontano, che poi si avvicina, cresce, raggiunge un picco e poi scema, scomparendo del tutto. L'essere un po' in un altro mondo mi ha permesso di assecondarla a meraviglia quest'onda. 

E la voce. Vocalizzare accompagnandola, è fondamentale! Altro che gola stretta, altro che trattenere il respiro! 

Mattia ha chiamato l'ostetrica SuperCristina Guareschi perché il mio vocalizzare si faceva frequente, mentre io ancora non capivo se fosse l'ora o no, da quanto ero stordita! L'ostetrica ha capito subito invece, sentendo come vocalizzavo.

Finché l'ostetrica arrivava, mio marito preparava mia figlia grande per portarla dalla vicina, solo perché io potessi concentrarmi su di me. In realtà a me sarebbe piaciuto non escluderla da un simile evento. 

In una ventina di minuti Cristina era da noi. 

Non so dire questa volta quando sia durato esattamente il travaglio, perché è stato un lento crescendo dalle contrazioni del pomeriggio, comunque persino quasi piacevoli, fino a quel momento. Pochissimo direi nella fase più attiva, forse appena qualche ora! 

Arrivata Cristina l'ostetrica, mi visita e vede che ci siamo... che mi viene voglia di spingere. 

Voglio lo sgabello da parto! Finché mio marito lo prepara le prime due spinte le faccio distesa sul letto. E' difficile alzarsi in quei momenti! Ma no eh, mi sono resa conto dell'assurdità dello spingere distese. 

Mentre la mia vicina è arrivata a prendere la mia grande, lo sgabello da parto era pronto.

Mentre mi sedevo sullo sgabello da parto, la testina della mia bebé si avvicinava all'uscita, complice la forza di gravità! Donne, utilizzate la forza di gravità! 

La mamma Terra che attira i suoi nuovi cuccioli a sé aiutando le madri a farli nascere!

A quel punto non aveva più senso che la mia grande se ne andasse. L'ostetrica l'ha chiamata: "vieni a vedere che sta nascendo la tua sorellina!"

Bat Panz - ed era appena febbraio!


Ah si, lo sgabello da parto. Io sono una che ama partorire coi piedi per terra! Mi attraeva l'idea dell'acqua per il primo parto, ma partorire non è affare della mente. Una volta infilata nella vasca ho capito che proprio no, volevo i piedi per terra e tutto del mio corpo me lo comunicava. Il parto è ancora un istinto animale, e io ho adorato di scoprire di avere ancora un istinto animale, e di quanto forte questo possa essere. E' un'esperienza indimenticabile. Nulla nella mia mente l'avrebbe potuta immaginare, puoi solo passarci. 

E infatti, a proposito di gravità alleata: seduta sullo sgabello in fretta e in furia, due spinte aggrappandomi all'asse da stiro ed è nata! Una per la testa, una per tutto il resto!

E' nata con la camicia! Con il sacco amniotico intero!

E le uniche che hanno visto la mia bimba uscire nel sacco sono state la sua sorellona e la mia ostetrica!

4 kg 180 gr, alle 4.58 di mattina. Neanche un punto: dove li mandiamo gli stereotipi sui bambini grossi?

Dopo un po' è nata anche la placentona, che è restata con noi ancora per un po'. Il momento più bello è lo stare pelle a pelle dopo. Fondamentale. 

Io non mi sento "mamma da subito". Ho bisogno di quel momento quanto ne ha bisogno il cucciolo umano. All'inizio fa tutto strano, trovartela "fuori", vederla occupare uno spazio, e tu ti chiedi "ma l'ho davvero fatta io? Era quella che mi stava dentro?". E' destabilizzante, almeno per me. 

Nessun bagnetto, nessuna procedura dovrebbe interrompere questo momento. E se mamma non se la sente, almeno lo faccia il papà. 

Il cordone è rimasto intero per un paio di orette ancora. E forse doveva restare anche un po' di più. E non sono cose che si possono decidere a priori con la razionalità, tanto meno dovrebbero essere decise da procedure standard che non hanno alcuna ragione (a meno di non voler conservare le cellule staminali). 

Varcare la soglia tra i mondi non conclude l'atto della nascita. A me personalmente serviva un momento liminale per ambientarmi nel nuovo mo(n)do e sicuramente anche alla cucciola. 

Fortunata, qualcuno mi ha detto. NO! 

E' il contrario. Il parto non è una malattia, è fisiologico. E' questo che deve cambiare. Una donna deve poter sapere con tutta se stessa che lei sa partorire e il suo bambino o bambina sa nascere. E che IN CASO sia sfortunata allora ben venga intervenire!

Oggi abbiamo tutto. Screening, esami, conoscenze sull'igiene. Uno dei periodi storici in cui morivano un sacco di donne di parto fu proprio nel momento in cui le ostetriche donne furono scalzate da medici uomini, che visitavano le partorienti senza lavarsi le mani per prassi. E' storia. Il medico che intuì la necessità dell'igiene delle mani fu RADIATO. Rendiamoci conto. 

Ogni parto è unico, ma non è una condanna a morte. Il rischio zero non esiste da nessuna parte, nemmeno in ospedale e anzi. Gli ospedali "interventisti" possono paradossalmente aumentarlo, il rischio. 

Ed è importante che circoli questa conoscenza, affinché sempre più ospedali offrano esperienze in linea con la fisiologia.

La potenza che restituisce, l'unicità e particolarità di questa capacità del corpo, il poter sentire cosa vuol dire "istinto", la consapevolezza dell'avere anche una natura ATTIVA, che non esiste il "femminile passivo" dopo che hai partorito in questo modo... sono tutte perle preziose che non andrebbero mai nascoste in nome di questo o quell'ideale. 

Posso dirlo. Partorendo ho trovato pezzi enormi di me stessa.

E attenzione a non applicare una logica duale oppositiva, che è un modo di pensare patriarcale. Non sto dicendo che non esistano altri modi per recuperare pezzi di sé.

Esistono e partorire non deve essere un obbligo. Ma non significa nemmeno negare la portata di questa esperienza. 

Una, deve essere la regola in questi casi: narrare l'esperienza che si è fatta, senza negare le esperienze altrui.

O ricominciamo tutto daccapo.

La presenza della sorella ha portato meraviglie: giocava a partorire, sa tutto di come nascono i bambini, e l'evento così presente nelle coscienze di tutta la famiglia è ricordato e celebrato. Capisco anche con l'esperienza cosa significa "non nasconderlo", portarlo nel quotidiano, dargli spazio perché esista. 

Rispetto al primo parto ero di 6 anni e mezzo più vecchia. La prima volta avevo la sensazione di dover anche combattere una guerra contro tutti coloro (troppi!) che fino all'ultimo mi facevano pressione affinché partorissi come volevano loro! Questa è una mancanza di rispetto terribile, che non aiuta. Sono sicura che alcuni di questi elementi abbiano inciso sul mio modo di vivere il travaglio, sulla fatica, sulla fase espulsiva che è durata moltissimo. Questa volta ho messo netti e feroci confini da subito, perché grazie al primo parto mi sentivo più forte di poterlo fare. E infatti... 

Però se mi leggi e sei nella posizione di amico/parente di una partoriente: dalle fiducia e appoggiala. Gestisci la tua ansia da te e non vomitarla su di lei, perché la tua ansia non la aiuta a partorire, sono stata chiara? Bene. 

E con questo, torno a crogiolarmi nel ricordo. 

Buon compleanno bimba mia!  

sabato 13 luglio 2013

La sacralità nella gravidanza e nel parto


Non c'è evento nella mia vita, che sia eguagliabile per intensità, portata di significati nuovi, sensazioni mai provate, riflessioni profonde e consapevolezza, al mio primo parto.

Credo sia un'esperienza diversa per ogni donna, e ciascuna ha il diritto di affrontarlo come più ritiene giusto per sè. Lo voglio specificare, nel caso qualcuna si possa sentire offesa dalla mia attribuzione di significati a questo evento, nonchè dalle mie scelte su come viverlo.
Non so se è solo in Italia, ma qui particolarmente il "diverso da me" equivale a "nemico", invece probabillmente è solo che ciascuna ha una strada in cui cammina, si trova in un momento particolare nella sua evoluzione, deve tessere alcuni fili -o tralasciarne altri- per apportare il suo contributo al Grande Ricamo che è l'universo intero.

Io qui voglio parlare dei miei fili.
Sono arrivata alla mia gravidanza, dal punto di vista temporale, dopo aver comunque iniziato un mio personale percorso alla ricerca del Sacro Femminino.
Non lo sapevo, se avessi poi mai affrontato l'esperienza di metter al mondo un figlio.

Certo nel mio lavoro su/con la ruota dell'anno, ho incontrato l'aspetto della Madre, a cui avevo dato voce sino a questo momento in modo diverso dalla maternità fisica. Ho sempre saputo ripetere teoricamente le qualità energetiche di questo aspetto del Sacro Femminino, di Dea, mi sono trovata a invocarla in cerimonie, a trattarne nei miei "compiti per casa", a osservarla nella natura e nei miei progetti.

E poi è successo. E tutto quanto avevo letto, studiato, ascoltato, mi sono trovata a viverlo in me, con la portata di un torrente in piena, e questo torrente ha scavato il suo corso in modo indelebile.
Quelle che prima erano intuizioni e parole, si sono tramutate in pura consapevolezza della sacralità di questa esperienza.

La nostra cultura "salta un giro": quando si pensa alla maternità sacra, scommetto che è questo ciò che tutti vedono:

Da donna dico: questo è dopo! Moooolto dopo!
Prima c'è questo:
Tagliare fuori dalla sacralità questa esperienza, saltarla a piè pari, significa operare una grossolana amputazione.
Significa omettere una serie di forti significati ai quali pare che almeno i nostri antenati, invece, dessero grossa importanza.

Ci sono molte teorie sul perchè di questa amputazione.
Di sicuro, la conseguenza nella nostra attuale cultura è un parto ancora a volte troppo medicalizzato, una minor autostima nelle donne, un corpo vissuto solo negli aspetti erotici di questo, la convinzione di non esser in grado di partorire fisiologicamente o peggio, la totale ignoranza sul fatto che il parto abbia una dimensione fisiologica e non solo patologica....... e giù pratiche per "far partorire", talvolta davvero abominevoli come l'episiotomia di routine, mio maggior spauracchio dall'infanzia.
Per me, è sempre stata una vera e propria mutilazione genitale femminile.

Non credo che l'interpretazione di certi versi biblici abbiano aiutato.
"Alla donna disse: i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli." Genesi, cap. 3
E nemmeno il ruolo culturale attribuito alla donna in famiglia, che si è trasformato in.....moglielavoratricemadredonnadellepulizieamantecuoca ecc., credo sia stato molto d'aiuto.

Se il parto diventa una punizione (primo caso), o un dovere nei confronti dell'istituzione famiglia (secondo caso), allora mi pare di capire perchè il movimento femminista abbia rigettato l'esperienza.

Anche rispetto alla sacralità, la donna diviene nel Cristianesimo mero contenitore del divino, un... forno. Un canale attraverso cui dare alla luce Dio.

Non è più lei sacra, lei in quanto piena, nella sua autonomia, come la Luna, gravida, portatrice di un mistero che la rende non più "una", ma due e una assieme, testimone vivente dell'unità primigenia, miracolosamente ricomposta e potente (farò un post, prima o poi, sull'unità primigenia.. struggente nostalgia nell'essere umano che la ricerca, fisicamente o ritualmente, di continuo).

I miti cosmogonici di creazione "curiosamente" registrano questo passaggio di testimone, dalla madre al figlio divino.. per approfondire consiglio appassionatamente il testo di Luciana Percovich "Colei che da la vita, colei che da la forma".

E' solo grazie al mio percorso, che questi significati si sono accesi in me. Ho potuto goderne, sentirne la presenza, capire.....capire dal profondo.

E mentre il mio corpo cambiava, riportandomi ricordi di specchi adolescenziali, la sacerdotessa in me parlava di un percorso di nascita con fiducia, mentre il mio fragile aspetto sociale soffriva per i pressochè unanimi pareri contrari, svilenti; voci che riportavano echi di terrore di storie tremende accadute in parti altrettanto tremendi. Ciò veniva tanto dalle donne della mia famiglia, verso il cui atteggiamento provavo delusione e dalle quali desideravo appoggio, e anche dagli uomini (a parte il mio splendido marito), verso il cui atteggiamento provavo rabbia e dai quali mi aspettavo.... che si facessero gli affari loro nel mio diritto di riscoprire la potenza del mio corpo, così tanto a lungo ignorata. Si, mi sono sentita (e per quanto riguarda educazione e allattamento -ancora mi sento) invasa.

 Interessanti emozioni. Con radici, secondo me, molto ma molto profonde.....

E l'essere che mi abitava si nutriva di me mentre io mi nutrivo della limpidezza e pulizia della sua energia vitale; non è alla stregua di un "parassita", metafora usata dalla scienza. Avviene uno scambio.
Io tutto intorno a un'altra vita, che è parte di me e al contempo è diversa da me; i piatti della bilancia finalmente in equilibrio, la sensazione è di quelle non spiegabili con le parole, e non dimenticabili per nessuna ragione.

Ma assieme alla creazione, c'è anche la distruzione. E assieme ai pensieri di vita, comparivano via via, profondi e intensi, i pensieri (o i sogni) di morte.
"Esperienza comune", mi diceva uno psicologo, ma mai raccontata dalle altre donne nella mia vita.

Morte.
Il momento del travaglio e della nascita si colora anche di questo aspetto.
E la splendida Sheela Na Gig mi si manifesta in tutto il suo significato simbolico, di Dea della soglia, guardiana del cancello tra i mondi, sorgente di vita e di morte insieme.




Mi procuro una sua statuetta, da tenere in camera fino almeno a nascita avvenuta.
E ogni sera mi addormento in contemplazione.
Morte.
Morte di colei che sono stata sino ad ora, morte delle mie relazioni, come le ho conosciute.
Morte come possibilità, per quanto remota, insita nel dare alla luce. Mia, o della mia bimba.
Morte come evento da considerare nel mio avvenire. Cessa il mio essere ragazza, col diventare madre la giovinezza si stacca da me per esser natura della mia cucciola. Non più un mondo di infinite possibilità dinanzi a me e non più quella sensazione di essere "immortale". Sento chiaro la mia mortalità, e capisco che il tempo a mia disposizione d'ora in avanti sarebbe stato considerato....alla luce di questa ritrovata consapevolezza.
Sentivo con strana e lucida certezza, che al momento del parto sarei morta. In qualche modo. E con queste emozioni, vivevo l'attesa.

Cancello. Soglia.
Io divento soglia, scelta da un'anima per il suo incarnarsi in questo mondo.
Divento cancello, connetto due mondi. Entrambi i mondi sono nella mia natura. Io, donna, guardiana della soglia.
E partorirò una bambina, la mia maternità, la paternità di mio marito. Non più solo figlia, ora anche madre.
Soglia come iniziazione.
Il parto, come iniziazione...

Decido di andare avanti. I messaggi mi sembrano chiari, e pianifico l'esperienza che, a parer mio, più di tutte mi avrebbe permesso di vivere la sacralità del momento: il parto in casa. Nella speranza che il progetto sia condiviso anche dalla mia piccola in grembo, cosa che non sempre è scontata. Nel parto, si decide in due. Si vive in due.

Le prime doglie, leggere e vivibili, mi portano in uno stato di beata attesa, comunicandomi che il processo si era avviato. Non più timore della morte. Invece, una strana consapevolezza che sa che "è di là che si passa, che il momento è giunto".
Medito, viaggio e ascolto. All'Isola di Avalon, così tanto esplorata nel precedente anno, mi accolgono festose le sacerdotesse dei tempi antichi, competenti nell'arte della maieutica, mostrandomi anfratti e polle che ancora non avevo scorto. Mi cullano i loro canti di sirene.
Acqua, tanta acqua. Sono nella vasca, ma sono nella polla di un mondo altro.
Il mio corpo sa.

Incredibile. Mi commuove. Non lo sapevo, che il mio corpo sapesse!
Non lo vedrò mai più come prima. Forse lo rispetterò di più?

Infastidita dai violenti botti di Capodanno, che mi destano dal mio viaggio, assaporo la forza violenta delle contrazioni efficaci.
Eccola, Sheela, mi osserva un pò beffarda, un pò amiccante. "Diventa me", mi suggerisce.
Mi apro, il mio corpo si apre, il cancello si apre.
Il dolore è selvaggio, ritmico, lo seguo.
E' una cosa importante. Un compito importante. Questo dolore sembra svegliarmi con forza dal torpore di secoli di dimenticanza, sembra tanto forte quanto serve a portare alla mia coscienza la forza della mia natura.
"Svegliati, sei questo".
Ha un senso. Non è una punizione. Non è inutile. Mi pare che abbia incredibilmente senso. Deve essere una mente androcentrica e patriarcale, che ha dato alle doglie il significato di castigo divino. Una bella trovata efficace, non c'è che dire....il senso lo capisco solo provandole. Prima non immaginavo. Non immaginavo.

Il mio adorabile marito chiama la mia sacerdotessa Cristina, ostetrica formidabile, che assieme alla sacerdotessa-doula Laura rinforzeranno la voce della sacerdotessa in me, dinanzi ai momenti in cui ho titubato, in cui ho temuto di non essere più capace, di non farcela.

Selvaggia.
Questa, l'energia che si liberava da me.
Contrazioni a volte senza pausa, scossoni tellurici dalle viscere del mio corpo, io, madre antica, connessa alle madri di sempre. Le sento tutte, mi vengono i brividi, sono in me. Io, Madre Terra.
Le altre donne mie sorelle, le altre mammifere, mie sorelle. Umane e animali assieme.

Si contorce il mio stomaco una, due, tre volte.
Vomito la polvere che copriva la mia luminosità.

Non ce la faccio, sono stremata. Ce la faccio, sono potente.
Lotto.
Gradualmente arrivano le spinte.
Qualcosa accade alla mia schiena.
Un brivido netto, mi sale con forza sino al cervello, mi risuona sin nella testa. Si accende, come una luce, si, la mia schiena è luminosa.
Se esiste una Kundalini, eccola, si srotola. Da vita a qualcosa.

Mio marito, impagabile alleato, aiuta a sopportare la pressione delle spinte premendo con forza la parte bassa della mia schiena. Che forza e che aiuto possono portare gli uomini sensibili e gilanici!

E divento Dea. Riprendo la mia potenza selvaggia con una forza e una voce che non ho mai saputo o creduto di avere. Ben in contrasto, con l'idea culturale della donna debole e indifesa.
A volte crollo, non ce la faccio. Le spinte durano un'eternità, vedo l'ora e mi scoraggio.
Ce la fai.
Scatta il brivido, ritorna la forza.
Spingo e urlo per lasciarmi attraversare. La guardiana della soglia deve aprire il suo cancello.
Due ore. E si vede la testa, proprio quando mi sembra di voler mollare.
Mezz'ora ancora, la sento, passa, CHE VOCE HO! e sguscia poi in un attimo fuori una creatura, il mondo cambia all'improvviso.

Poco dopo, la placenta, bellissima, ormai inutile, per la quale provo una sorta di venerazione.
Il cancello, poco a poco, si richiude. Pulsa il cordone, che non separerò dalla creaturina, almeno per un altro pò.

Non avrei potuto provare un parto più adatto a me di questo.
L'esperienza più incredibile che abbia mai vissuto. Il dolore ripagato, per quanto in me ha guarito.
Il mio corpo ora mio complice. Ora mio. Non più involucro da stressare in forme innaturali, da considerare solo nell'estetica di presunti "difetti".
Restituire il parto sacro alle donne, potrebbe forse portare un rapporto più sereno con il corpo? Una drastica discesa dei profitti del mercato di creme e cremine anticellulite, diete svariate, prodotti dietetici?

Quanti modi ci sono, per studiare Dea.
Ci sono i libri, ci sono strumenti cerimoniali e rituali. Ci sono incontri, seminari, dibattiti.
Meditazioni, viaggi, sogni.
E c'è il proprio corpo.
Le esperienze di vita.
Credo che le antiche religioni, specie quelle cosiddette "della Madre", siano state esperienziali.
Che ci fosse un bisogno di chiunque di "vivere" la sacralità, e vivere quindi la propria religione in modo totalmente attivo.

Credo che su questo si basassero molti degli antichi misteri femminili. Il vivere un aspetto di Dea, quando era il proprio momento di viverlo.  Lo scrissi sul mio diario di viaggio a Creta, dopo aver visitato con stupore l'incredibile grotta di Ilizia (Eileithyia), luogo di iniziazione misterica per e da chissà quanti secoli...
A questo momento iniziatico, lego il concetto di conoscenza/segreto. Semplicemente, non si può davvero sapere finchè non lo si sperimenta da sè. Un'iniziazione vera e propria. Un marchio temporale oltre il quale nulla sarà come prima.
La perdita di questa connessione, di questa dimensione esperienziale, è diventata la perdita di una caratteristica dell'umano, che inevitabilmente cerca altro per colmarne il vuoto, viaggiatore senza bussola nè traccia.

E' l'immanenza del divino in ciascuno di noi.

Siamo nella cultura che ha chiuso la maternità in gabbia.
Disciplinato uno dei pochi istinti ancora rimasti in noi, così come si vuol disciplinare la potenza della Natura attraverso OGM, geoingegneria, clonazione. E ancora una volta non posso fare a meno di sentirmi connessa alla Terra, e al suo destino. Madre, Sorella, partecipo della sua natura.
Un parto che non più ci appartiene, un allattamento che non più ci appartiene, un accudimento del nostro cucciolo, che non più ci appartiene ma che deve essere regolato da teorie pseudoscientifiche, esperti che ne sanno di più, che scherniscono ogni nostro tentativo di ribellione attraverso etichette quali "frichettona, hippy, egoista, pazza, incosciente", e la lista potrebbe continuare.

La fredda presunta razionalità del positivismo, vecchio o attuale, che con arroganza guarda con sospetto a ciò che rappresenta la mia più intima verità. A ciò che sento dal profondo come "la mia natura".

Una antica leggenda aborigena narra che nel tempo di sogno, gli oggetti sacri e il didjeridoo erano custoditi dalle donne.
Ma un giorno di questo tempo, i fratelli maschi, invidiosi di tale privilegio, sottrassero con l'inganno la borsa con gli oggetti sacri e il prezioso didjeridoo, che da allora rimasero prerogativa maschile.

Eccovi il mio parto, grosso evento verso la riconquista della mia borsa sacra............