Disney ha fatto il botto.
Preparatevi al sequel meglio riuscito nella storia della Disney, scordatevi Cenerentole che puliscono i pavimenti del castello anche se ormai diventate principesse e discutibili sirenette cattive (si, l'hanno fatto davvero). Questa volta abbiamo un capolavoro.
Sapete, io recensisco solo le storie che offrono narrazioni differenti in grado potenzialmente di influenzare il mondo di oggi e quello di domani.
"Frozen 2 - Il segreto di Arendelle" mi è piaciuto più del primo e non solo per l'indiscutibile salto grafico e di animazione.
"Frozen 2 - Il segreto di Arendelle" mi è piaciuto più del primo e non solo per l'indiscutibile salto grafico e di animazione.
Ecco perché.
(ATTENZIONE SPOILER!)
When the north wind meets the sea
there's a Mother full of memories
come, my darling, homeward bound
when all is lost, then all is found
Il film inizia con uno spaccato sull'infanzia delle due sorelle, che inscenano un gioco avventuroso tra fate e castelli. Un'ottimo espediente per descrivere la differenza di carattere e temperamento, ma anche un'introduzione al mistero la cui risoluzione sarà oggetto di tutta la narrazione: una foresta incantata, l'infanzia del re padre, una presunta alleanza tra gli arendelliani e il popolo dei northuldri, indigeni in comunione con la natura e la foresta al punto che i suoi spiriti offrivano loro la loro magia.
Abbiamo subito il tema dominante: la dicotomia natura - cultura.
Il re racconta alle piccole di quando, da bambino, fu condotto presso la foresta incantata per suggellare l'alleanza tra suo padre il re (nonno di Elsa e Anna) e il capo indigeno tramite l'offerta di una diga. Ma qualcosa successe per cui i due popoli cominciarono a combattere, il re padre morì e lui fu salvato da una creatura misteriosa. Ma da allora, in seguito all'ira degli spiriti, la foresta divenne impenetrabile, difesa da una cortina di nebbia. Nessuno ne uscì, nessuno ne tornò.
Eccoci alla prima canzone del film, "All is found", una ninnanana cantata dalla mamma di Anna ed Elsa, la canzone più bella del film (non riesco a smettere di cantarla!): melodia celtica, parla di questo fiume misterioso, in inglese coniugato al femminile, Ahtohallan, che serba memoria del passato. Ha tutte le risposte si, ma se ci si spinge oltre si incontrerà morte certa.
E comincia il simbolismo: l'acqua per la sua capacità di tenere memoria, cosa che è impossibile che sfugga: Olaf lo ricorderà di continuo. Madre fiume, la cui verità può rivelare le tue peggiori paure: sarai pronta/o ad affrontare ciò che Lei conosce? Il testo inglese sottolinea molto l'aspetto della "prova", cosa che in italiano scorre un po' veloce.
Faccio appena un accenno sulla fatica di ascoltare la traduzione delle canzoni. Per stare dietro al labiale dei personaggi perdono pezzi di senso: che pazienza. Se potete, ascoltatele in lingua originale. (Anche nel primo film, la traduzione italiana perde del tutto il concept "porte aperte e porte chiuse).
Dicevamo...
Sulle note di "All is found" avviene il salto temporale, da allora all'oggi, con una regina Elsa con un abito da sogno "viola Avalon" e subito una nota d'humour: mentre lei è assorta affacciata al balcone un messaggero viene a chiamarla e lei si spaventa, congelandosi le mani sulla ringhiera.
L'humour danza sapientemente con emozioni profonde e drammatiche per tutta la durata del film.
E infatti, è immediatamente dopo che Elsa inizia a sentire "la voce" (cosa su cui, in seguito, Olaf farà ulteriore humour riferendosi a "Elsa che sente le voci").
Zucche, banchetto, tutti felici.
Segno che Disney sta prendendo distanza dalle narrazioni a senso unico di fanciulle inquadrate nei soliti stereotipi di genere, non sfugga che Elsa, nel creare regali di ghiaccio per i bambini durante la festa, forma un sestante per una femminuccia su sua richiesta.
Fa un po' sorridere che con un passato di segregazione le due sorelle siano ora così serene e equilibrate, in un'epoca in cui la psicoterapia non era stata mica inventata, ma facciamo finta di niente.
Segno che Disney sta prendendo distanza dalle narrazioni a senso unico di fanciulle inquadrate nei soliti stereotipi di genere, non sfugga che Elsa, nel creare regali di ghiaccio per i bambini durante la festa, forma un sestante per una femminuccia su sua richiesta.
Fa un po' sorridere che con un passato di segregazione le due sorelle siano ora così serene e equilibrate, in un'epoca in cui la psicoterapia non era stata mica inventata, ma facciamo finta di niente.
"Cosa può cambiare in questa meraviglia?"
Ovviamente tutto. Nuovamente.
Nonostante Olaf calchi la mano sull'essere grandi e maturi sono passati solo 3 anni dal tempo del primo film (sei dalla morte dei genitori, si dirà).
Scena di intimità famigliare: dentro al castello si tiene il gioco dei mimi, tra Kristoff, Sven, Elsa, Anna e Olaf. Ho apprezzato molto la presa in giro, da parte di Olaf, dell'Elsa esageratamente ancheggiante di Frozen 1, per me gran caduta di stile in quel film (notate la reazione di Elsa).
Quando poi è il turno della regina, questa è impacciatissima nei movimenti, altra scena esilarante. Che però termina in fretta: Elsa sente di nuovo la voce e si inquieta.
Elsa se ne va, la sorella la raggiunge e si addormentano insieme sulle note della ninnananna della mamma. Ma la voce disturba il sonno della regina.
Si dia il via alla canzone che prenderà il posto di "Let it go": "Into the unknown". Bellissima, con un'animazione che vista sul grande schermo mette i brividi.
In tutta la canzone si risolve il dramma di Elsa: dal non voler ascoltare la voce per non cambiare nuovamente le cose al sentire però che c'è qualcosa per lei in questo mistero. Qualcosa che riguarda la sua vera natura.
E così alla fine della canzone, tramite il crescere dei suoi poteri, risveglia gli spiriti della foresta incantata: acqua, terra, aria e fuoco.
Che ovviamente sono arrabbiati.
Arendelle viene evacuata, gli abitanti messi al sicuro.
E arrivano i troll a dirci che accade.
Gli spiriti sono arrabbiati perché il passato non è come sembra: occorre rimediare a un torto fatto, oppure non ci sarà futuro. "QUANDO NON C'è FUTURO VA FATTO Ciò CHE è GIUSTO".
Si vedono le immagini della diga regalata dal nonno delle sorelle come patto di amicizia con i northuldri.
Papà troll dice di sperare che i poteri di Elsa siano "abbastanza". Dalla paura di essere troppa alla paura di essere troppo poca. Tema che noi donne conosciamo bene, vero?
Si vedono le immagini della diga regalata dal nonno delle sorelle come patto di amicizia con i northuldri.
Papà troll dice di sperare che i poteri di Elsa siano "abbastanza". Dalla paura di essere troppa alla paura di essere troppo poca. Tema che noi donne conosciamo bene, vero?
E' qui che Elsa dirà della voce che sente a una delusa Anna che non si aspettava più segreti. Ed è così che i quattro partono alla ricerca della misteriosa foresta, anzi cinque: un petulante Olaf, le due sorelle e il duo Kristoff-Sven.
E la trovano. Anzi, trovano una spessa cortina di impenetrabile nebbia. Il fatto che la foresta sia ricoperta di nebbia per proteggere la sua magia mi richiama le nebbie di Avalon: la nebbia protegge, la nebbia nasconde il mondo della magia, della natura e degli esseri che sanno ascoltarla dal mondo degli umani testardi e avidi.
E' la mano magica di Elsa, moderna Morgana, che riesce ad aprire un varco dove compaiono i quattro megaliti con impressi i simboli dei quattro elementi. Richiamo a una spiritualità del passato con elementi norreni, celtici e mediterranei.
Spettacolare la foresta di betulle dove ogni foglia è stata animata. Gli spiriti però sono ancora assai adirati. A cominciare dall'aria, sotto forma di una brezza che si muove con alcune foglie ma che poi diventa un tornado.
Per placare la sua ira servirà il potere di Elsa, che però cristallizza in forma di statua anche le prime memorie che iniziano a svelarsi. L'enigma inizia a farsi interessante, soprattutto per la statua del padre quando era bambino, salvato da una misteriosa fanciulla. A questo punto lo spirito dell'aria (chiamato "Zefiro" da Olaf, come il dio greco del vento - Gale in inglese) si fa amichevole.
Il trambusto richiama qualcuno: fanno la loro comparsa i nothuldri... ma anche cinque soldati arendelliani che si scoprirà poi che non furono mai in grado di uscire dalla foresta dai tempi della morte del nonno di Elsa e Anna avvenuta più di trent'anni prima. Le guardie scoprono che si trovano dinanzi alla nuova regina e alla principessa.
Gli animi si scaldano ma Elsa penserà a raffreddare il clima, letteralmente, facendo scivolare sul ghiaccio i contendenti.
La vista della sua magia colpirà i presenti: i nothuldri sono indignati e diffidenti. "PERCHÉ' LA NATURA AVREBBE PREMIATO UN'UMANA DI ARENDELLE CON LA MAGIA?"
I northuldri non si fidano degli umani, si fidano solo della natura.
Siamo sempre dentro a "natura vs cultura". Arendelle rappresenta la cultura umana in opposizione alla natura e ai suoi insegnamenti, rappresentata dai northuldri e dalla loro matriarca Yelana.
Ma a portare scompiglio è ora un arrabbiatissimo spirito del fuoco, che cerca di incendiare tutto. Nuovamente, tocca a Elsa. Lo insegue, spegne le fiamme, finché lo spirito si ritira con le spalle "al muro" e rivela il suo aspetto: una coccolosissima salamandra con espressione da "sdentato", il drago di Dragon Trainer, che adorerà spegnersi nella neve creata da Elsa.
Elsa le tende la mano ed è immediatamente amore.
L'unica cosa che non ho apprezzato è l'uso della parola "domare" riguardo all'intervento di Elsa verso gli elementi. Questa idea dell'uomo che deve domare la natura mi pare incoerente con il tema del film. La lotta ci sta, gli spiriti sono arrabbiati e occorre difendersi. Ma domare... siamo un passo in là.
Di fatto si dimostrano ora molto amichevoli, mentre gli indigeni osservano tutto con le mascelle a terra.
Anna e Elsa scoprono che lo scialle della loro mamma è un manufatto antico appartenente ai northuldri e dalla statua materializzata in seguito alla lotta con l'aria capiscono che la misteriosa salvatrice del padre è proprio la loro mamma: una northuldra.
Na na na eya na
Na y a naa ...anche alla canzone che inizia e conclude il primo film viene dato un senso. Una canzone indigena.
Olaf fa un riassunto di tutto ciò che è accaduto dalla nascita delle sorelle all'oggi, con un'ironia fenomenale, catturando l'attenzione di tutti i presenti.
A questo punto, Elsa e Anna conquistano la fiducia del popolo indigeno. Elsa promette che salverà sia Arendelle che la foresta.
Kristoff incontra il suo alter ego northuldro, Ryder, un giovane fanatico di renne che parla dando loro voce esattamente come fa lui con Sven.
E, momento chiave per capire il film, una fanciulla northuldra, Honeymaren, mostra il simbolismo ricamato sullo scialle di Iduna, l'ex regina di Arendelle: oltre ai quattro elementi c'è un quinto, al centro, "PONTE TRA L'UMANO E LA NATURA". Il senso profondo è tutto qui, vedrete alla fine dell'articolo.
Le due sorelle partono alla ricerca della voce e di Ahtohallan.
Non prima di una terribile imbarazzante canzone-parodia di Kristoff in pena per l'amore per Anna con varie citazioni tra cui questa di Bohemian Rhapsody:
Sul tragitto si imbattono niente popò di meno che nel relitto della nave dei loro genitori, naufragata sei anni prima. Chiedendo all'acqua Elsa scopre cosa è successo: i genitori erano partiti a loro volta all'insegna di Ahtohallan, decisi a scoprire il perché dei poteri di Elsa. La stessa si sente causa della loro morte e decide di partire da sola alla ricerca del fiume mistico.
Anna è tutto ciò che non è Elsa: compensa l'assenza dei poteri con il suo equilibrio e la capacità di dare senso agli eventi: come quando riesce a consolare la sorella spiegandole come non possa ritenersi responsabile delle scelte dei suoi genitori.
Elsa però non vuole mettere in pericolo i due così li spinge Anna e Olaf con l'inganno su una barca di ghiaccio.
A causa di una manovra mal riuscita Anna e Olaf finiscono nel covo degli spiriti della terra, che sono dei giganti di roccia, immagine frequente nella mitologia, specialmente in quella germanica.
Per sfuggire ai giganti addormentati finiscono in una galleria sotterranea, dalla quale cercheranno di uscire.
Elsa invece si trova dinanzi al mare oscuro in quella che sarà una scena spettacolare.
Qui incontra lo spirito dell'acqua.
Direi il più feroce e arrabbiato di tutti e quattro.
La sua forma è equina, richiamo a leggende gallesi (Ceffyl Dwr), scozzesi (Kelpie) e norrene (Baekhest). Ne accennò anche Tolkien e anche noi in italiano chiamiamo "cavalloni" le onde del mare agitato.
Lo spirito fa del suo meglio per annegare Elsa la quale deve lottare per sopravvivere. Nuovamente, solo dopo che lei ha usato i suoi poteri per domarlo l'elemento diventa amichevole, persino a lei affezionato.
Sarà lui a condurla a Ahtohallan. Un fiume ghiacciato di straordinaria bellezza che somiglia alla casa-rifugio di Superman.
Qui Elsa scopre che la voce appartiene alla madre, un incontro che scalda il cuore. Ma a Athohallan la magia si fa più forte e in un'animazione straordinaria si svela che Elsa è il quinto spirito: i rombi dei quattro elementi, simboli ai quali a questo punto del film ci siamo abituate/i, si formano attorno a lei nella forma complessiva di un cristallo di neve ed Elsa ne è il centro. Chiunque abbia una formazione nella ruota dell'anno o negli elementi riconoscerà la trasformazione a colpo d'occhio.
Se a qualcuno sfuggisse, sarà Elsa stessa a dirlo alla fine del film.
Qui si compie la nuova trasformazione. Un altro cambio d'abito suggella una nuova identità. Una trasformazione che viene resa magistralmente con l'animazione, attraverso la danza. La rigida Elsa che non sapeva giocare ai mimi ora da forma col suo corpo al suo nuovo sé, selvatico e divino, il quinto elemento. Finalmente libera.
Ma è tempo di scoprire la verità. Tra i ricordi del passato c'è un momento di ironia, in cui la stessa Elsa non sopporta più sentire se stessa cantare "Let it go" e lo comunica in modo assolutamente chiaro:
Nei ricordi il nonno appare diverso da come veniva raccontato. Non si fida dei Northuldri per via della loro confidenza con la magia, che a suo dire rende l'uomo arrogante e onnipotente.
In un simbolico scontro tra razionalità e pensiero magico, Elsa lo redarguisce, "non è della magia che bisogna avere timore, è della paura che non ci si può fidare". Epicità ne abbiamo?
Già, la paura. La paura del nonno verso la natura e i northuldri, la paura che Elsa aveva dei suoi poteri, la paura che ancora oggi è così usata in politica...
Il discorso si fa interessante, si parla della diga ma... Il nonno si allontana nelle profondità di Ahtohallan, un baratro scuro. Elsa ha timore... spingersi troppo in là significa morte, diceva la leggenda.
Ma sceglie di sacrificarsi per la verità: si lancia nel baratro e scopre così che la diga non è un dono di alleanza, ma un trucco per indebolire il popolo indigeno temuto: l'avete già sentita vero?
Il capo dei northuldri di allora ha provato a parlarne col re-nonno, ma lo stesso lo invita in una trappola: per "discuterne davanti a un tè", ma invece lo ucciderà. Elsa si è spinta troppo in là e sta congelando, che a me è parso strano, una morte nel suo stesso elemento. Con l'ultimo barlume di vita e di magia manda ad Anna la verità.
Una statua di ghiaccio del nonno nell'atto di uccidere il capo indigeno si materializza nella caverna di Anna e Olaf.
Anna comprende che la diga è un inganno, è questo il torto da riparare.
Olaf inizia però a perdere i suoi fiocchi di neve. I due comprendono che a Elsa è accaduto qualcosa. La morte di Olaf è stata resa con una delicatezza e eleganza raffinata. Si può piangere per un pupazzo di neve frutto di finzione? Si. Io l'ho fatto.
Zefiro, il vento ormai amico suo, ne raccoglie i fiocchi e li posa con delicatezza, assieme a qualche fiore viola.
Poesia.
Anna ritrova la grinta per uscire dalla grotta e capisce che la diga va distrutta. Per farlo mobilita i giganti di terra rischiando la sua stessa vita. Kristoff si troverà al posto giusto al momento giusto evitando che Anna diventi una frittata sotto i piedoni dei giganti, e giunta alla diga si troverà di traverso le guardie di Arendelle.
Le quali però decidono di collaborare, anche se distruggere la diga significa distruggere Arendelle. Ma gli abitanti sono già in salvo.
I giganti lanciano macigni che in un attimo distruggono la diga.
L'atto ripara il torto e Elsa torna in vita, recuperata da Nokk e portata verso il fiordo mentre l'onda di piena sta per abbattersi su Arendelle.
Col proverbiale tempismo che esiste solo nei cartoni animati la nuova Elsa blocca l'onda e salva Arendelle sotto gli occhi stupiti degli abitanti.
Anna intanto assiste alla liberazione della foresta, che rivede cielo e sole dopo trenta e passa anni.
Elsa rivelerà ad Anna di essere ancora in vita "inviandole" qualche fiocchetto di neve... e lo vedrà personalmente poco dopo. Epica cavalcata sull'acqua di Elsa, le due sorelle si ricongiungono.
Abbiamo un'Elsa totalmente cambiata nell'espressione e nella corporeità.
E' così che il mistero è svelato, il tesoro del significato del film: la NATURA premia Elsa coi poteri magici perché la madre, northuldra, salva il suo presunto nemico, un ragazzo arendelliano, andando oltre le separazioni volute dai due popoli. Un pò come Jendsana del Lagorai.
BOOM.
Kristoff riesce a proporsi, Olaf viene riportato in vita "perché l'acqua ha memoria", fanno tutti festa e si vede anche sbucare una fotografia, osservata con stupore dalla guardia reale e che permette di inquadrare Arendelle in un'epoca.
Ma l'interessante è altro.
Oltre la dicotomia, oltre la partigianeria. La natura premia chi sa trascendere il dualismo oppositivo. La natura vuole ripristinare l'alleanza umano-natura. Premia Iduna con una figlia magica e due figlie speciali: perché il ponte tra umano e natura, tra natura e cultura, non è Elsa e basta. "Il ponte ha due sponde", dice la stessa Elsa. "E la mamma aveva due figlie".
E' la coppia di sorelle la chiave di volta. Elsa appartiene alla foresta, Anna alla "città". Elsa abdica in favore di Anna che sarà nuova regina di Arendelle, ma entrambe regine del regno che loro compete.
Tramite il loro amore i due regni non saranno mai più divisi, esattamente come doveva essere tramite l'amore dei loro genitori, ai quali Arendelle dedicherà un nuovo monumento.
Il richiamo qui alla Dea doppia è impossibile da ignorare, alle due regine mitiche dei regni matriarcali, culture nelle quali l'alleanza umano-natura non si è spezzata.
Disney è immagino inconsapevole di questo dettaglio, ma tornare a nutrire gli archetipi comporta che questi ci nutrano a loro volta, l'inconscio collettivo viene nuovamente riempito di altri simboli e altri racconti e di nuovo il miracolo è stato fatto.
TUTTO IL FILM VALE L'ESPRESSIONE DI ELSA NELLA SCENA FINALE. PURA - VISIBILE ESTASI, l'estasi di una donna-dea che ha ritrovato la sua piena natura e il suo posto, a cavallo della sua sovranità. Stupendo.
E il cattivo? Questo è il bello. Non c'è il cattivo. La narrazione Disney si ispira (a quanto mi dicono volutamente) a quella del mio idolo Hayao Miyazaki, che ha trasceso i dualismi oppositivi già dagli anni 80. In Frozen2 nessuno scontro che porti sul piano narrativo la solita dicotomia tra fazioni di cui io sono francamente stanca.
Un'assenza che ha disturbato qualcuno, gira proprio un video in cui uno youtuber si strugge per la mancanza della consueta sfida dell'eroe all'occidentale.
Credo che uscendo dal dualismo oppositivo venga naturale apprezzare narrazioni differenti, mentre nella misura in cui la dicotomia ancora caratterizza la relazione con noi stesse/i e con l'altro da noi, vederne rappresentazione diventi quasi un bisogno impellente. Dal quale è difficile liberarsi.
Personalmente non ho sentito il bisogno di un "cattivo" in nessun punto del film. Ero rapita, conquistata, e soddisfatta dalle sfide dei personaggi, anche se qualcuna l'avrei approfondita magari allungando la durata del film.
E così si inscena l'arroganza umana, la diffidenza, il torto alla natura inflitto per il viverla ormai come "altro da sé", separata: in rapporto vinco-perdi. L'illusione che vuole che se vincesse l'una perderebbe l'altro e viceversa. Illusione appunto, perché Elsa e Anna questa volta ancora mostrano che non si è che una cosa sola come loro stesse sono una cosa sola. Che l'amore e non lo scontro deve tornare a essere la qualità della relazione tra le polarità, perché il tutto non è che in principio di comunione, altrimenti detto di non-separazione.
Emozionante, dai simboli profondi. Peccato per quel "dominare gli elementi"... ma la perfezione non esiste.
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