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mercoledì 28 ottobre 2015

Ma che GENDER di educazione è mai questa?

Buongiorno mondo,
oggi vi voglio narrare di una bambina come ce ne sono tante, la bambina che ero.
E lo posso fare perchè sono diventata madre a mia volta di una meravigliosa bambina: vederla crescere ha attivato in me un sacco di ricordi sopiti. Ricordi che in un periodo storico come questo dove le pratiche educative sono così fortemente in discussione forse vale la pena di condividere.
Se avete voglia di cominciare, vi prego di arrivare alla fine. Anche se il post è lungo. E' la mia storia! vuole essere ascoltata!
Ho la presunzione di aver da dire qualcosa che possa aiutare a crescere felicemente altre bambine come lo ero io. Lo dico come ex bambina, madre ed educatrice di mestiere.



Questa ero io. Non ero diversa da tante altre bambine. E come tutte le bambine ero una creatura meravigliosa, venuta al mondo piena di voglia di vivere e scoprire la vita.

Gli anni 80 erano quelli della nascita della TV commerciale, dei cartoni animati giapponesi, dell'inizio del consumismo anche tra i bambini. Eppure...
Eppure tutto era grandioso, "lì fuori".
Provavo gioia nel muovermi, nel correre e nel saltare, nell'esplorare, nell'annusare, nel catalogare piante e fiori, nell'inventare, nel sognare ad occhi aperti.

Oh, il "volo". 
Il volo era un sogno meraviglioso. Albergava i miei sogni notturni e cercavo di riprodurlo nel pattinare, nel correre, complice la mia agilità che mi faceva sentire come fossi uno scoiattolo.
Talvolta giocavo ad essere scoiattolo! Arrampicarmi dappertutto, sugli alberi, sulle staccionate, sulle griglie per bambini al parco giochi, era impagabile. Era la vita, gente! Ogni tanto ci si faceva male ma oh, c'est la vie...
Mi sentivo forte. Straordinariamente forte. A volte fin troppo, per qualche dispetto che ho ricevuto qualche bambino ha pagato a suon di botte: che davo io. Ma adoravo sapermi difendere, adoravo questa forza che combinata con la mia agilità mi faceva sentire una sorta di "super eroina". 
Gimcane, percorsi a ostacoli, che amore ancora oggi mi scatenano. 

Oh, la fantasia. 
Puffi e soldatini erano compagni di giochi: abitavano il presepe ma soprattutto le piante del giardino condominiale: foglie e steli si trasformavano in palazzi e stanze, cespugli in città, in intrecci di storie sempre differenti. 
Piante, foglie, semi, petali, frutti, bacche erano ingredienti delle mie pozioni, un pò fata e un pò streghina ero.
E quando ogni anno passavo parte dell'estate sui monti, ecco recarmi nel mondo delle fiabe, popolato da esseri magici tutto intorno. Mi dicono che anche se molto piccola potevo camminare anche per otto ore: mai un ricordo di stanchezza sui monti, ove tutto era gioia, scoperta, gioco. Qui vivevano i draghi. I draghi erano amici miei, parlavo con loro, li vedevo nelle nuvole o nei boschi, a volte potevo cavalcarli. Ora vivo sui monti, anche per questo. 
Anche qualche Barbie sbucava. Amiche dei puffi, si prestavano per ricreare ogni sorta di ambientazione e realtà. Adoravo i vestiti e gliene facevo anche. Anche se ogni tanto...giocavo alla "tortura"! Sadismo infantile, si dice...
Da mia madre ereditai un sacco enorme di lego. Non c'era limite a ciò che costruivo. Case e stabili di ogni sorta, soprattutto, ma anche creature strane, astronavi, macchine, ambientazioni per i miei adorati puffi. 
E i trenini! Avevo uno straordinario trenino elettrico che a-do-ra-vo! Con questo, viaggiavo ovunque! E conoscevo l'elettricità. 

Oh, la curiosità.
Un giorno trovai rovistando in ripostiglio da mia nonna il meccano del mio papà quando era piccolo. Innamoramento folle. Quel svita-avvita che ti permette di creare qualsiasi cosa ti passi per la testa, ben si conciliava con la mia attrazione per Mc Gyver, l'inventa tutto della serie TV, il mago del problem solving.
Ricordo che cercavo ogni sorta di materiale e oggetto per casa con i quali creavo congegni più incredibili: da un improbabile allarme per la casa, a un trabicolo anti uccellini per l'orto sul balcone, a un "antifurto" per i contenuti del mio diario segreto, ottenuto smontando un biglietto di auguri sonoro appropriatamente rimontato nel diario. Giusto in caso di sbirciatine sgradite... 
Arrivai a smontare il mio walkman per vedere come è fatto dentro, e qualche anno più tardi ogni pezzo del motore del mio motorino: quanto è bello sapere come le cose sono fatte! Ancor più bello -e mi piace ancora- è ripararle! Risolvere i problemi fa sentire intelligenti ed efficaci!
E poi la scienza! I pianeti, che meraviglia: un tangibile mistero, che danza sopra la mia testa: chiedevo a scuola se non ci fossero libri di scienza "che nessuno voleva più". I libri, ahhhh imparare imparare imparare!
Tutto questo prima che alle medie una delle mie professoresse mi facesse credere che le bambine non sono adatte a scienze e matematica, bocciando il mio desiderio di iscrivermi al liceo scientifico. Eppur lei era una prof. di scienze e matematica! Boh... 

Oh, l'avventura
Ero Laura l'esploratrice. Chissà quali segreti si nascondono in antiche tombe, palazzi perduti, grotte riscoperte ricreate rubando uno stendibiancheria a mamma, coperto da tovaglie e coperte. Il giardino poteva essere una giungla, ma la montagna... di nuovo la montagna: questo è il paradiso dell'avventura! 
Un giorno trovai una roccia che mi pareva a forma di drago (vedi sopra per i draghi), in uno spazio comune di un villaggio in provincia di Belluno. Era piena di rovi e armata di poco altro che forbici e mani nude mi misi ad aprire un varco. Mi ci arrampicai e diventò il mio campo base. Da allora ancora vedo generazioni di nuovi bambini che ci si arrampicano e ci giocano! Se solo sapessero.... se solo sapessero... 
C'è che la sfida a scoprire e a riuscire fa sentire dannatamente libere! Sentirsi capaci è impagabile! 
Ancora: era la vita, gente!
Vogliamo mettere il costruire piste? Quelle biglie di plastica con le facce dei ciclisti vanno benissimo sulla sabbia e il garage per le macchinine, con quelle rampe e quei collegamenti interni: che sogno! 

Potrei parlare ore dell'amore per la vita nei miei giochi.
E poi...

E poi c'è che vivi con persone, frequenti la scuola, guardi la TV, leggi le fiabe.
E non lo sai perchè. Ma la sensazione che ti arriva è che "è sbagliato".
Che sei tu ad essere "sbagliata". 
"Non va bene così, non funziona così".

Ricordo un momento preciso nella mia infanzia. Uno in cui qualcosa nelle mie fantasie è cambiato.
I miei salti e la capacità di sentirmi "libera e forte" si sono scontrati con un pensiero: "forse non sono io a dover essere forte. Forse io devo sognare di essere salvata?". Le immagini mentali di me che mi ribellavo a soprusi dei compagnetti "mettendoli al loro posto" si affiancavano piano piano a quelle in cui io "gridavo aiuto e il compagnetto forte veniva a cacciare i cattivi", salvandomi. 
Fu uno scontro tra titani.
Da una parte ciò che sentivo di essere. Tutto quello che è scritto qua sopra e anche di più.
Dall'altra c'era la bella addormentata.
Dall'altra le bambine non cavalcavano i draghi: semmai erano incatenate dietro un drago, cattivo, ad aspettare un principe valoroso a salvarle. C'era Cenerentola, che era brava perchè obbediente, lei si che aiutava in casa. C'era Biancaneve, la più bella del reame, così bella da attirare il principe anche da morta.
C'erano i giochi che ti regalano: trucchi e spazzoline per farti bella, niente di male, anche la mamma si trucca, ma prima era solo uno dei tanti giochi. Ora diventava l'obbligo imperante per frequentare le altre bambine. Ci sono principesse ovunque. E rigorosamente rosa. Un mondo di bambine-marshmallow.
Ci sono le mini scopine, i mini ferri da stiro, tutti giochi da fare in casa, per la casa. 
"Ma io voglio cavalcare i draghi!" "Ma daaaaiiiiii, le principesse non cavalcano i draghi!"
Ci sono i vestitini. Meravigliosi si come sono belli! Un'oretta indossarli è il massimo. Poi basta però, "posso tornare con la tuta?"
Perchè coi vestitini devi stare immobile. Non ti puoi lanciare sugli alberi, non puoi sederti per terra, sporcarti? sia mai! "son piccina, son carina sono la coccola di papà, se mi sporco la vestina il papà me le darà", si cantava. Sei "una bambolina". Peccato però che non sei un soprammobile. Sei VERA. VIVA.

Sei insomma una principessa, non un'esploratrice, non una cavalcadraghi, eddai co'sti draghi... tantomeno sei MC Gyver. 
Quei calzini merlettosi di cotone che cadono ad ogni movimento dentro quelle scarpine strette e scomode...
E le principesse DEVONO essere belle. Altrimenti il principe non ti vede e se non ti vede, non ti salva.
"Ma io non mi difendevo da sola?". "Solo i maschiacci lo fanno". 
Lego "per femmine". Dove le protagoniste si fanno belle da mattina e sera in un mondo rosa e lilla.

Ai miei tempi, per grazia divina o meglio per un briciolo di buon senso, la Lego non faceva ancora i mattoncini rosa e viola per le bambine. C'erano quelli, multicolor per tutti, ma soprattutto rossi e bianchi li avevo: rosso e bianco, i due antichi colori per femminile e maschile. Come a dire, la fantasia non ha genere. E' potente diritto di ogni essere umano al mondo.Uno/a deve scegliere da sè cosa avere nella fantasia! 
Io volevo il garage. Ma non sta bene, chissà cosa sarei potuta diventare (a 19 anni lavorai nel secondo garage più grande d'Europa, sarà anche perchè i bisogni repressi prima o poi ritornano?).
Il regalo preferito dai parenti sono le bambole. Certo, una o due mi piacevano, dopodichè... un poco limitante. E dove è l'ingegnera che costruisce case? Dove l'astronoma o la scienziata? 
Qualche anno fa sentii al "Toys center" di Trento una commessa scoraggiare una nonna che voleva regalare un planetario alla sua nipotina: "non era un gioco per femmine". "Signora, le regali una scatola di trucchi". Scatola rigorosamente rosa. Scrissi allora una lettera che "Repubblica" mi pubblicò: mi riconobbi in pieno, io volevo il telescopio! Volevo guardare e scoprire stelle e pianeti!
Avevo avuto un microscopio in regalo, che meraviglia! Guardavo i peli delle zampe dei ragni (già morti). Pelose come le gambe del mio papà, incredibile.
Ma alla TV non c'erano molte scienziate e dottoresse. E se c'erano, erano "brutte occhialute e gobbe". O al contrario super sexy e inarrivabili. 
Dove erano le bambine esteticamente normodotate, che amavano la fantasia e l'avventura? Dove erano e dove sono, le bambine forti, che corrono velocissime, saltano come canguri e si arrampicano dappertutto?

Nessuno dei modelli che mi proponeva la mia cultura, NES-SU-NO, rifletteva l'immagine che io avevo di me stessa. Fu terribile. Ma lo comprendo solo ora.
Mi feci violenza. 
Sul serio. 
Le aspettative erano altre e si sa che siamo esseri sociali: nessun bambino sopravviverebbe, se non piacesse agli adulti che lo circondano. Ergo, se non ti adegui scompari.
Credo che diventai quasi squilibrata, per dimenticare ciò che ero. La spinta a diventare bella e rosa doveva essere abbastanza violenta da coprire la mia voglia di cavalcare i draghi e inventare cose. Beh, ogni tanto era impossibile. Troppa l'attrazione per camminare su steccati e fare acrobazie sul prato. Grazie al cielo si era bambine... 
Ma ricordo che nella mia testa molte frasi iniziavano per "forse dovrei invece......". Ricordo che esasperavo la parte della principessa rosa scimmiottandone le "caratteristiche" di vittimismo, poca resistenza al dolore, debolezza insomma. Per essere accettata. Per essere "come tutte le altre". "Come mi volevano".

Era relativamente facile. Bastava chiedere cose rosa, imitare quello che facevano le bambine più grandi di me, guardare i loro giochi, sognare quello che accadeva nelle fiabe che vedevo/sentivo.
La mia mente così si popolò di principi azzurri da sognare, mondi perfetti (perfetti per chi?), modelli di perfezione da emulare, ovvero bambine obbedienti e taciturne, naturalmente bellissime, che stavano dove le si metteva.Ovvio non ci riuscivo sempre. E via allora, a sentirmi ancora sbagliata.
Iniziai allora a sentire anche invidia e gelosia. Le bambine bionde come la Barbie e le principesse dovevano essere più belle, logico che un principe avrebbe preferito loro a me, moretta con gli occhi scuri! Nessuna principessa e nessuna bambola era moretta con gli occhi scuri! Forse Biancaneve ma lei era la più bella del reame.
Solo per il nonno io ero la più bella del reame. Adorato nonno Ruggero."Belle" di "la Bella e la Bestia" mi sa non esisteva ancora.
Iniziai a credere che non fossi bella. Ero forse una bambina brutta? Ma i trucchi servono a quello! A essere bella per attirare il principe. Di che altro dovrei preoccuparmi? Si scateno' un disperato bisogno di approvazione ad ogni costo. Bastava farsi belle e tutti i miei problemi sarebbero stati risolti. Bisogna vedere però cosa accade a questo modo di pensare, quando diventi adolescente.... 
La mia crisi adolescenziale si ribellò violentemente contro quello che non ero, ma portandomi all'opposto: state attenti. Se non ero quella femmina, l'unica altra via possibile era essere maschio. Perchè altra scelta non c'è.  Pur essendo attratta dai ragazzi iniziai a vestirmi da maschio e avere nick name maschili. Infondo, c'era più libertà, era più divertente, a loro "è concesso di più". Poco da fare, è così. (Consiglio di lettura: "Dalla parte delle bambine", Elena Gianini Belotti).

Ma torniamo all'infanzia.
Iniziai a usare su di me quella orribile parola "maschiaccio" che sentivo in giro. "Quando è che diventerai una signorina?" mi si ripeteva.
Una signorina non li cavalca, questi benedetti draghi. 

Ci misi esattamente una trentina d'anni per comprendere cosa ero prima.
Con la nascita di mia figlia ho iniziato a sognare cose dimenticate: ho ricominciato a sognare di volare, di essere agile e forte come realmente ero... svegliandomi con malinconia, perchè il mio fisico ora non è davvero più così agile e forte e nemmeno sono più magra e leggera come un uccellino! 
Ho ricordato però. E non per caso.

E allora vedete, c'è un gran casino dietro a tutto questo.
La paura del gender, è la paura di chi crede che educare alla differenza significhi "omosessualizzare e annullare le naturali differenze maschio e femmina", riassunto in una frase.

Ma non si considera una cosa fondamentale.
Io non sono omosessuale, non lo ero e non lo sono ma non è questo il punto. Non si diventa omosessuali "così". Lo si è o non lo si è. 
Il mio essere "maschiaccio" non preannunciava il lesbismo (anche fosse, vorrei capire perchè ci fanno così paura persone adulte consenzienti che si amano. Temiamo piuttosto chi odia e uccide la gente). Il mio essere "maschiaccio" era piuttosto amore per la vita. Amore castrato.
Io per anni mi sono sentita sbagliata. E adesso, piango. Piango lacrime disperate, per le volte che non ho pianto prima. Per le volte che ho represso. In nome di chi ho rinunciato a cotanta bellezza e gioia?

Perchè educare alla differenza (ciò che oggi qualcuno chiama "teoria del gender") non avrebbe significato negare che fossi nata femmina.
Sarebbe stato restituirmi il diritto di essere un tipo di femmina diversa dalla principessa rosa.

Perchè le femmine possono amare le principesse o amare McGyver. Possono sognare il principe o sognare un altro tipo di compagno. Possono amare giochi tranquilli oppure amare giocare a fare lo scoiattolo.
Possono sognare di essere salvate o sognare di cavalcare i draghi. Possono essere curiose e inventive come ogni altro essere umano o decidere di fare le casalinghe. 

MA NON PER QUESTO SONO MENO FEMMINE.

Questo significa educare alla differenza.
E la Huggies con quell'orribile pubblicità per fortuna ora censurata si metta l'anima in pace. 
Non nasciamo rosa o azzurri. L'avventura non è solo per maschi, come la dolcezza non è solo per femmine. 


Vedete? Sono Gesù e la Madonna. E' il primo ad essere rosa, la seconda ad essere azzurra.
Perchè è solo dagli anni 50 in poi che questi colori si sono affiancati ai generi così come lo conosciamo ora. Prima funzionava persino l'opposto: il rosa era la versione "da piccoli" del virile rosso, considerato colore maschile per eccellenza. L'azzurro il dolce colore della carta da zucchero per le femmine. Altri stereotipi.
Il rovesciamento avvenne con la Mattel. Quella della Barbie, per capirci. Per business. Per interessi commerciali e un fiorente mercato di rigida separazione di generi che gioca sugli stereotipi. E in nome di una presunta "natura" noi ci caschiamo.

Ma non c'è un unico modo di essere maschi come non c'è un unico modo di essere femmine.
E' la cultura ad aspettarsi da te cosa significa "femmina perfetta" o "maschio perfetto".
E tutti questi si chiamano stereotipi.
Gli stereotipi non coincidono con la "natura". Cambiano a seconda della cultura di riferimento. E delle epoche storiche.

Ditemi, voi che temete il gender ma non avete magari nemmeno letto questi programmi educativi, che pensate di sapere il loro contenuto perchè qualcuno ve lo dice, qualcuno a cui credete ciecamente senza verificare da voi di cosa veramente si tratta...
Ditemi, voi che credete che il "gender" sia una "colonizzazione ideologica dell'immaginario" ora ditemi:

CHI ME LA RESTITUISCE LA MIA INFANZIA CASTRATA?
Cosa era quello che mi è successo, se non ideologica colonizzazione del mio immaginario di bambina, che ha realmente scacciato ciò che per natura ero, gioiosa e piena di vita, curiosità e avventura? 
Cosa era quello, se non un'imposizione di una morale che ancora si vuol difendere, e a difenderla sono associazioni di stampo cattolico, conservatrici, che non vogliono lasciare ai vostri figli libertà di scegliere? 
NON LIBERTA' DI SCEGLIERE "A CHE SESSO APPARTENERE", MA SI CHIAMA BENSì "LIBERTA' DI SCEGLIERE QUALE TIPO DI ESSERE UMANO ESSERE". Questo è l'equivoco dietro la "teoria gender".

Cosa sarei potuta diventare? Forse un'astronauta come Samantha Cristoforetti. Forse un'astrofisica come Margherita Hack. O forse avrei comunque fatto l'educatrice. Ma sarei stata felice. Serena con il mio corpo. Serena con la mia gioia. Con me stessa. Senza bisogno magari dei 10 anni di psicoterapia che ho utilizzato per imparare ad accettarmi e non dipendere troppo dall'approvazione altrui. 
Io non castrerò mia figlia.

E sapete, anche i vostri figli prima o poi potrebbero fare simili ragionamenti, da adulti. E non vi ringrazieranno per averli rinchiusi in stereotipi.
Vi ringrazieranno se saprete si insegnare cosa è cultura, ma anche sapendo restituire loro uno sguardo genuino su ciò che sono: attenti ai loro interessi, alle loro caratteristiche, al di là di ciò che gli stereotipi dicono. Questo è proteggere la loro identità. 
Vi ringrazieranno se potranno essere gioiosi per quello che sono. Vi ringrazieranno, se voi non li forzerete in un unico modo di essere maschi o femmine.

Ditemi, voi che temete questi programmi.
Quanti ragazzini e ragazzine devono ancora suicidarsi, perchè si capisca che non può funzionare così? Quanti devono ammalarsi, arrabbiarsi, disperarsi, soffrire in nome di questa ottusità?
Quante cavalcadraghi devono piangere per non poter essere ciò che sono?
Quante infanzie felici devono essere castrate, per la vostra paura di vedere vacillare un mondo di valori  che è già debole, perchè è solo una questione di tempo: gli stereotipi non possono vivere a lungo, creano solo infelicità. E altrove nel mondo molti genitori hanno già capito. 

Una cavalcadraghi non è meno femmina, un bambino che sogna di essere un buon padre non è meno maschio.
Prima lo capiremo, più felice sarà la nostra società.

Basta muri.
Questi signori fanno leva sulle vostre paure, perchè le paure impediscono qualsiasi altro ragionamento. Scatta l'emozione primordiale e blocca tutto il resto. 
Ma se amate i vostri figli, considerate almeno per un attimo quello che oggi vi ho appassionatamente raccontato di me. Di quella che è stata la mia sofferenza e ancora lo è, perchè quel tempo non tornerà mai più. Mai più. La possibilità di scelta è il regalo più grande che potete fare ai vostri bambini. Non c'è possibilità di scelta, se il modello è unico. E il pensiero unico non è quello che i conservatori chiamano "teoria del gender". Il pensiero unico è bensì quello che vuole un UNICO modo di essere per i vostri figli. Solo una femmina possibile, solo un maschio possibile.
Loro, i vostri figli, non-sono-in-pericolo per questi programmi educativi.
A essere in pericolo, è solo un mondo conservatore che non ha più senso di esistere. E che di sofferenza ne ha generata anche troppa.

Condividete, stampate, diffondete se lo credete.
Per mia figlia voglio un mondo più aperto e sereno, dove ogni sorta di diversità possa essere rispettata. La mia più grande paura è che questo non avvenga proprio "grazie" alla fobia del "gender". In lei vedo la mia stessa gioia di vivere, quella da "cavalcadraghi". Ecco perchè mi svelo così tanto. Che questa mia sofferenza possa servire a qualcosa di buono.

In nome della dignità umana. Dei maschi e delle femmine. Per rispetto di ciò che ero. Per rispetto di ciò che i nostri figli saranno.

1 commento:

  1. Articolo stupendo! Io sono stata più fortunata, da piccola i miei mi hanno lasciato libera di giocare come volevo nel campo davanti a casa mia, tra fieno e terra, sporcandomi senza ritegno; e mi hanno regalato sia bambole che Lego, e pure una pista di macchinine con cui giocavo soprattutto con mio papà, e come mi arrabbiavo quando perdevo ahahah! Crescendo ho dato la preferenza ai "parecèti", mi divertivo a fingere di cucinare, e cucinare è una passione che mi è rimasta. Ma non ho mai fatto salvare la mia Barbie da Ken, hanno sempre avuto un rapporto molto paritario, che poi era quello che vedevo tra mia mamma e mio papà. E poi mi mettevo a cavalcioni dell'altalena e fingevo che fosse un cavallo con cui andavo al galoppo. Vabbé non era un drago ma fa lo stesso LOL
    Data la mia esperienza, penso proprio che se avessi avuto una figlia o un figlio avrei magari tendenzialmente regalato bambole alla prima e macchinine al secondo (volere o no siamo influenzati dall'ambiente), ma se avessero espresso desideri di giochi differenti non avrei esitato a darglieli.
    Complimenti per il bellissimo articolo e grazie per aver condiviso un pezzo della tua vita e le tue preziose considerazioni.
    Mariangela

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