Translate

Cerca nel blog

giovedì 28 gennaio 2016

Scegliamo le nostre esperienze prima della nascita? Una credenza rischiosa



"Perciò siete voi stessi ad avere deciso di vivere ad esempio una disabilità, la violenza all'interno della coppia, di avere sei figli, di non averne affatto, siete voi ad avere deciso di vivere in solitudine o al contrario in un nucleo familiare soffocante, ecc. Ecco perchè una volta che capiamo tutto questo, è difficile provare ancora risentimento verso gli altri o giudicarli. Ognuno vive le sue esperienze, ecco tutto!" 
(Dal web, corsivi miei).

Ecco. Durante la Giornata della Memoria che io definirei piuttosto "delle memorie", mi imbatto in argomentazioni come questa. 
Da più fronti.

Non ho voglia, con questo mio post, di screditare persone con nomi e cognomi. Chi mi conosce da un po' sa quanto tenga al rispetto del bisogno altrui di determinarsi e qui non c'è nulla di personale.
Il motore che mi spinge a scrivere, pur immaginando che qualcuno che sostiene ciò che mi accingo a criticare ne ricaverà qualche fastidio, è che proietto questa teoria -quella che vorrebbe che ogni nostra esperienza sia predeterminata dalla nostra anima prima dell'incarnazione- sulla società, immaginandone gli effetti. E ciò che ne esce mi spaventa abbastanza. 

Nell'esplosione della spiritualità "tutto e contrario di tutto" che caratterizza la nostra epoca, c'è anche una tendenza a rifiutare la logica. Io sono la prima a non gradire le religioni basate meramente sul "logos", ma altrettanto sono la prima ad affermare la necessità di lavorare a una ricomposizione delle dicotomie. Ergo, un pò di logos non guasta. 
Per cui voglio presentare le mie argomentazioni su cosa questa teoria possa comportare e lo farò per punti, laddove possibile cercando di evidenziare il principio base che sottende ogni interpretazione. Per dimostrare, se mi riesce, che non è che questa teoria sia proprio proprio la personificazione dell'illuminazione oltre a ogni pregiudizio di valore o categoria di pensiero. 

Di neutro, lettori e lettrici care/i, non c'è proprio nulla.

1. Libero arbitrio, questo sconosciuto. 
Se siamo noi o meglio, è la nostra anima, in una condizione che "sa", a scegliere le nostre esperienze di vita, dove è lo spazio di esercizio del libero arbitrio all'interno del corso della vita stessa? 
L'unico spazio di scelta avverrebbe in una condizione di assenza di materia, quando siamo "solo spirito", dopodiché il corpo e il corso della vita non avrebbe che da seguire un piano prestabilito. 
Ogni qual volta diamo per verità inconfutabile un principio come questo, pecchiamo di superbia ed esercitiamo un preciso modello di religione: quello dogmatico. 
Siti simili a quello da cui ho preso la citazione in apertura propongono persino la lista delle "regole" di funzionamento del tutto, senza mai mettere in discussione nulla.
Come se di fatto avessimo la certezza empirica che è così. 
Ma nulla è certo e non sono che teorie.
CONTROPROPOSTA: ammesso che sia vero che ci reincarniamo (sposo questo credo ma non avrò mai la presunzione di affermare di avere ragione in assoluto), non può essere più plausibile che ciò che scegliamo siano i bivi, la situazione in generale che ci mette dinanzi al dover scegliere. E quindi al migliorare il mondo e se stesse/i?
Infondo, è scientificamente provato che un allievo impara di più se l'educatore "crea il contesto" o "le occasioni". Non se impone l'esperienza dall'alto. 

2. Accettazione passiva.
Questo, ragazze mie, è un dramma.
Durante il giorno della memoria questa teoria ha dato significato a sei milioni di persone uccise, torturate, umiliate, e non proseguo oltre come sei milioni di anime che hanno scelto tutto questo. 
Quindi perchè giudicare l'umano che ha voluto questo sterminio, che in questo caso smette di vestire i panni del carnefice e quasi può venirne riabilitato?
L'importante è quindi "non giudicare"? " A noi non resta che "accettare"?
E' proprio vero che "ci sono dei motivi per cui queste anime hanno scelto questo destino?
Questo mi collega al punto successivo.

3. Ahi ahi Karma e punizioni ahi ahi.
Lo stesso sito da cui ho preso la citazione iniziale, non me ne voglia, affermava in un altro punto l'esempio di una donna sterile che in una scorsa vita aveva desiderato di abortire. 
Fatemelo riformulare. Avete abortito? La prossima vita rischiate di essere sterili. Ben vi sta.
Per una teoria che non vorrebbe si giudicasse mai e pretende di essere superiore ai giudizi morali correnti, il giudizio della propria anima verso se stessa invece direi che è piuttosto severo e anche semplicistico nonchè odorante vagamente di cattolicesimo per quanto riguarda l'esempio in questione...
Quindi, secondo questo approccio, ciò che ci capita come esperienza non sarebbe solo "fine a se stessa" ma indirizzata a equilibrare una sorta di debito karmico.
Diciamolo, praticamente una trasposizione new age del precetto biblico "occhio per occhio, dente per dente", una forma di giustizia che a me pare piuttosto arretrata, ma è solo il mio punto di vista, come infondo tutto questo articolo.
Se è così, è perchè "me lo sono meritato". Perchè "così la mia anima capisce". 
Qui devo dividere in due sottoteorie, 3a e 3b:
Certo, un'anima che "sa" al punto di scegliere come equilibrare il proprio karma (3A), mi domando cosa necessiti di capire. 
Se invece il pensiero è che l'anima non sa ed è quindi una legge esterna a regolare tutto (3B)  beh... ho comunque qualcosa da dire.
3A-Se l'anima si "autopunisce" non posso fare a meno di scorgere dietro questa idea un paradigma che ahimè circola ancora e assume vari volti non ultimo quello educativo. Questo è il paradigma delle "punizioni", quello che ti metteva dietro la lavagna se non facevi la brava a scuola, quello che educa i figli "perchè capiscano" con castighi esemplari. Ma che manca del principio educativo essenziale nel nuovo (per fortuna!) paradigma che invece si sta facendo strada oggi: quale bisogno evolutivo non ancora raggiunto sottende il comportamento e soprattutto, che non è la coercitiva punizione a rispondere a quel bisogno anzi, spesso lo esaspera. 
Quindi, se l'anima avesse essa stessa una sorta di bisogno evolutivo, chi lo dice che "impara" attraverso simili eccessi? Nel momento in cui questo paradigma cade, ed è caduto nelle scienze dell'educazione, si aprono le strade ad altre visioni.
Se lo abbiamo capito nel campo degli studi umanistici, in psicologia, in pedagogia, com'è che il mondo dello spirito che "tutto sa" non l'ha capito ed è rimasto... al sistema educativo patriarcale?
3B-Se è invece una legge esterna a regolare il tutto, dal "di fuori", siamo di nuovo dinanzi a una forma di trascendenza.
Analizziamola un attimo: trascendente, la verità e la sacralità fuori da noi, la verità che si colloca nel mondo dello spirituale, togliendo di fatto importanza al materiale. C'è un'entità o una forza esterna a tutto che è l'unica depositaria della verità. 
Di nuovo, un modello patriarcale di spiritualità. 
CONTROPROPOSTE: proviamo a immaginare invece che la materia e lo spirito non siano in contraddizione. Che la materia eserciti la sacralità quanto lo spirito. E chi segue il mio blog sa cosa intendo.
Inoltre, proviamo a informarci di tutte quelle pratiche che vanno oltre "la punizione" e si basando sulla responsabilizzazione attraverso altre vie. Che poi sono quelle che utilizzo ogni giorno nella mia professionalità. Non inizia a sembrare un pò strana, questa teoria, alla luce di tutto questo?

4. Immobilità, chi se move da qua?
Comunque la vogliamo vedere, se i carnefici non esistono e noi abbiamo scelto tutto, perchè mai dovremmo muoverci per migliorare le cose? Stare nella sfiga, ci serve!
Attenzione, questa non è una cosa nuova. 
L'India delle caste ha utilizzato questa giustificazione a fini politici, per mantenere l'ordine sociale prestabilito ed evitare che le caste si mischiassero. Chi nasce in una casta è perchè è giusto che sia così. I ricchi si tengono la ricchezza e la condizione agiata, gli intoccabili -chissà che hanno fatto nella scorsa vita- stiano nella feccia. E le varie vie di mezzo. Tutti accettano tutto.
Nessuno ha il diritto di lottare per condizioni migliori. E ciò è in totale contraddizione anche col concetto di "pari opportunità" occidentale.
La società così resterebbe immobile. Ciascuno si smazzi le sue sfighe e le sue fortune, e tutto "è giusto così com'è".
Peggio. Ciascuno è legittimato a lasciare che siano i suoi demoni ad agire per conto suo. Perchè se tratta male gli altri, ciò sarà in accordo con l'anima del maltrattato. Riprenderò questo punto.
WOW.
CONTROPROPOSTA: non riesco a vedere più contraddizione con il mio cammino di così.
Ogni volta che diciamo "la Dea è dentro di noi", cosa vuol dire? Che siamo carine? Sexy? e quando è "dentro gli uomini"? Quando diciamo queste frasi, su cui nascono pagine, post, blog, cerchi e siti, cosa vogliamo dire? Ce lo avremo un motivo?
Bene eccovi il mio.
Dea è movimento. Grande Madre è trasformazione e mutamento e non è stasi. 
Lei non è puro spirito. E' spirito e materia insieme. Nella materia si manifesta.
Suo è il dono del libero arbitrio, lo stesso che il dio biblico voleva impedire con il divieto di assaggiare del frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male.
Bene. Di più. Lei è anche materia e vive attraverso noi. Nessuno di noi coincide con il tutto che lei è, nossignore, ma tutte/i facciamo una parte.
Come? 
Continuando la Sua Creazione. Sempre in corso. 
Ergo, mutare, cambiare, migliorare noi stesse/i per prime (diciamolo, o non si va da nessuna parte), il nostro creare cultura e società di conseguenza. Perchè la cultura è sempre modificabile e chi è che la modifica? Chi ne ha responsabilità? Noi. Incarnati fatti di corpo e spirito. Non gli spiriti dell'aldilà. 
Che meraviglia la vita.
Che meraviglia scoprire l'essenza di questo potere.
E col nostro cammino è questo che facciamo: restituire potere alla gente, assieme alla responsabilità.
RESPONSABILIZZAZIONE: in 7 e rotti miliardi di persone al mondo è di questo che abbiamo bisogno. Non di altra passività.
Questo mi collega al punto successivo.

5. La fiera delle sfighe. Cosa scegliamo?
Secondo questa teoria, noi potremmo prima di reincarnarci decidere che abbiamo bisogno di provare l'ebbrezza di essere violentate, uccise, maltrattate dal compagno, torturate, morire di tumore, ecc.
Però allora potremmo anche scegliere altre cose. Per esempio chi è infastidito da questo articolo potrebbe avere scelto di fare questa esperienza (quindi mi sentirò legittimata a rispondere in tal modo!) e io essere stata d'accordo con lui/lei sul fatto che lo dovessi scrivere a un certo punto della vita.
Allora potremmo scegliere anche di inquinare la terra, seppellire rifiuti tossici nella terra dei fuochi, impiegare 2/3 del suolo del pianeta per coltivare OGM destinati agli animali da macello, utilizzare diserbanti che distruggono interi ecosistemi, lavare le cisterne delle petroliere in mare tanto... 
Ma la Terra che ha fatto di male? 
In connessione al punto sull'immobilità, questa teoria ci porterà tosto all'estinzione. 
Inutile ribadire che legittima lo status quo, vero? Tipo che 62 persone sono ricche quanto la metà più povera dell'intera umanità? Giusto, bene, bravi. Scelto anche questo, sicuramente.
C'è il rischio che questa teoria faccia il gioco di chi il potere già lo esercita e non vuol mettersi/metterlo in discussione.

6. Chi ha cominciato?
Trovo questo punto assai interessante.
Torniamo alla giornata della memoria. 
Qualcuno è riuscito a dire che gli ebrei morti nei campi in una scorsa vita erano tipo schiavisti. 
Ma allora quegli schiavisti, prima di reincarnarsi come tali, avevano scelto di essere schiavisti. Per quale motivo dovrebbero ora provare l'esperienza "opposta"? Cioè, è contorto: sono quello che sono adesso per quello che ero prima, ma anche quello che ero prima è frutto di una scelta, che probabilmente dipende da cosa ero prima ancora. Ma sono tutte scelte "funzionali" no?
Divago stando nell'esempio, le vittime dei campi di sterminio hanno scelto nella loro vita di prima di essere schiavisti, la vita prima ancora cosa devono essere stati?
E indietro indietro indietro... chi ha cominciato e perchè? 
Se scegliamo noi cosa essere e non dobbiamo più giudicare "vittime" e "carnefici" come tali perchè questi ruoli non esistono, allora lo stesso impianto dovrebbe saltare anche nella scelta pre-incarnazione. Mi spiego? Se erano scelte funzionali alla crescita dell'anima, perchè mai in qualche modo la vita successiva "ne devi pagare il prezzo"? Non è che mi accontento del "non hai fatto un buon lavoro". Siamo un tantino cinici?
Non fa tornare tanto i conti...

7. Accordo pre nascita.
Povero Hitler! Lui ha solo fatto un accordo con sei milioni di anime (acc! per giustificare un rapporto 1:6mil che deve aver fatto nella sua vita precedente?). Così come, cito sempre il medesimo sito, una donna (perchè ovviamente sempre di donna si tratta no?) che "vuole" sperimentare un pò di sana violenza domestica, non lo può fare se non si accorda con un'anima che vuol generosamente distribuire un pò di altrettante sane botte, magari un femminicidietto, qualche stupro e così via.
Mi vedo il bambino concordare lo stupro e l'assassinio con il pedofilo maniaco, le bambine vittime di prostituzione a tre anni e svendute dai genitori decidere che i loro sfruttatori e i loro clienti faranno loro un gran bene, le streghe arse vive sul rogo firmare il contrattino con la Santa Inquisizione. 
Il bimbo del terzo mondo che muore di fame ha firmato con i detentori del complesso sistema economico del nord del mondo, che sfrutta risorse altrui di fatto affamando creature?
Che ci preoccupiamo di Daesh o altri analoghi integralismi, infondo, una lapidatina e una decapitatina sono scelte fatte dalla lapidata e dal decapitato. Non si giudica!
OOOH GENTE! Non nascondo la mia rabbia a sentire queste cose. C'è limite alla decenza? Occidente viziato, cosa vai a teorizzare dal comfort del tuo divano, sulle spalle della disperazione della gente! Credo che chi dice questo con tanta leggerezza, dovrebbe farsi un viaggetto e vedere come funziona il mondo per "gli ultimi". 
Dove è finita la nostra umanità, dinanzi a tanto cinismo? Un cinismo che merita tutto il mio tono sarcastico in questo punto. 
Dove sono i confini di questo "non giudicare", dinanzi a orrori presenti e passati come questi?
Cosa è che ci rende pieni umani, se non l'empatia, la capacità di comprendere l'altro, che grazie a questa teoria se ne va giù per il wc?
Segue nel punto successivo.

8. Al centro del mondooo uooooo - hoooo.
Siamo chiare.
A dispetto di chi mi vorrebbe nel pregiudizio di tutta "allegria e spensieratezza", pregiudizio dovuto alla mia relativamente giovane età (perchè in Italia non sei mai abbastanza matura), qualche brutta storia l'ho vissuta anche io.
Più di qualcuna.
E poi ci lavori, la elabori, prendi tempo. Prendi distanza.
E vedi.
Buongiorno colleghe, non siamo il centro del mondo. Meglio che qualcuno lo dica subito. Prima di crogiuolarci in questa idea ancora a lungo.
Noi, io, tutti abbiamo le nostre lezioni.
Ho intravvisto le mie, nelle mie brutte e belle e medie storie. 
Ma ho visto chiaro anche altro. 
Ho visto come le persone che incrociavano questo mio sentiero, tra cui quelle abusanti, avevano le loro, di lezioni. Ho visto i loro bivi e come è spesso stata la rinuncia a una scelta differente che le ha fatte indugiare nel loro comportamento. Un cedere ai propri demoni lasciando a loro il controllo. Una rinuncia al libero arbitrio. Un nascondersi piuttosto che un adempiere a un ruolo. Un'occasione sprecata. 
Ho visto le loro (ma anche le mie) debolezze. 
Ho visto come spesso dietro ogni comportamento distorto ci siano bisogni reali, magari in sè leciti. Però questi bisogni non si riescono a raggiungere e per colmare questa mancanza, ecco la risposta non funzionale. 
Così è anche il centro del mio lavoro con gli adolescenti "difficili". Quanti loro bisogni evolutivi non raggiunti, e quanta fatica e quanti errori solo nel tentativo di raggiungerli. 
Offri loro un altro punto di vista e bum! magia, può cambiare anche il comportamento.
Educando loro sto forse operando contro il volere delle loro anime?
Qui ci sono bisogni, altro che ruolo!
Oppure, la prossima volta dirò alla vecchietta rapinata che dovrebbe rivedere l'accordo tra le anime sue e del rapinatore. Sia mai che io non interferisca con una scelta karmica fondamentale. 
E se anche io fo parte del contratto, torniamo al "tutto è già scritto"? 
Sai che noia.
Dimenticavo il "paradosso". "NO", dice qualcuno", "la vecchietta ha scelto la rapina e il rapinatore concordava, ma anche tu hai scelto che saresti intervenuta, per cui non interrompi nessun debito karmico perchè sta nei tuoi "accordi" quello di fare questo lavoro".
Bene. Allora è tutto giusto così come sta? Compreso il fatto che chi giudica Hitler come un criminale storico ha probabilmente scelto prima della nascita di essere uno che avrebbe giudicato. Che senso ha dire "non dobbiamo giudicare"? Che ne sappiamo, per assurdo, dei motivi per cui uno ha scelto di essere così come sta? Quindi che stiamo a parlare a fare? E' "tutto perfetto così come sta", come dice qualcuno.
Perfetto. Si.

9. Siamo tutte star di un film.
Qui c'è materiale per un libro o uno spettacolo teatrale.
Me lo vedo. 
Siamo nella dimensione eterea delle anime e degli spiriti, tutti lì all'ufficio collocamento anime.
Protagonista: "Eccheccazzo, la scorsa vita ho fatto un aborto, poi in preda allo shock ho maltrattato il mio compagno, insomma... mi servirebbe un bello stupro e un pò di infertilità così finalmente capisco e mi libero di questo peso. Dove devo compilare il modulino per la richiesta?"
Impiegata: "Lì sotto signora anima, riga 8", fa con monotono e voce piuttosto nasale.

P: "ah si visto, grazie. Ma posso chiedere ai presenti qui....?"
I: "Prego si figuri".

P. "bon." - alza la voce per farsi udire "scusate signori, qualcuno di voi deve reincarnarsi in un uomo, etero, bianco, latitudine centro europa? Qualcuno di voi ha subito un pò di violenza la scorsa vita e ha bisogno di perpetuarne un pò?"
Anima A: "ma beh si forse però io volevo incarnarmi in Messico. ho sempre sognato il Messico".
Anima B: "si si io sono stato maltrattato da quella zoccola di mia madre, ho proprio bisogno di menare un pò una donna per riequilibrare"
P: "però, già che mi becco una dose di sfighe, mica almeno mi si reincarna in un bel figo sa, magari compenso un pò..." 
Anima B: "può essere, la scorsa vita ero un cesso, che famo, sigliamo l'accordo?"
P: "firmi qui per favore" - all'impiegata- "la tassa di soggiorno sulla Terra la pago sempre a lei?"

Praticamente, se tutti scegliamo tutto, è come avere dei ruoli in un film. Scegliamo tutto prima, poi ci incarniamo e recitiamo tutto. 
Ci rendiamo conto di quanto questo svuoti di valore la dimensione materiale, rendendola solo funzionale a quella dello spirito? Nel cammino della Grande Madre che conosco, la vita è la manifestazione, l'occasione di creare, è una meraviglia di opportunità. Secondo questa tesi invece è solo un contenitore di esecuzione di scelte fatte altrove.
CONTROPROPOSTA: perchè non proviamo a significarla per la sacralità che ha, questa vita? Non solo nell'adempiere gli obblighi prestabiliti. Ma proprio nel fatto che ogni istante, ogni momento, la tela si rigenera con il frutto delle nostre scelte.
Questo è il nostro potere: potere di cambiare, di avere delle possibilità di scelta. Di creare un mondo migliore per tutti e tutte.

10. Toh! Abbiamo anche questa vita qui.
Questa mia considerazione a seguire è estendibile a ogni qual volta mettiamo le eventuali e ipotetiche vite passate dinanzi a quella attuale.
Le cause di ciò che ci accade oggi, le cerchiamo 250, 500, 1000, 200000 anni fa. 
La mia esperienza di 10 anni di psicoterapia mi ha insegnato moltissimo di come questa mia stessa vita abbia plasmato molti dei miei automatismi, delle mie letture, dei miei sentimenti, delle mie paure ecc ecc.
E ciò che è accaduto in questa vita è indagabile mille e più di mille volte. 
Certo, sfoderare le vite passate ci rende persone interessanti, affascinanti anche ai nostri stessi occhi. 
Ma forse, per crescere, non sarà il caso di partire dalla vita che conosciamo meglio?
Molte cose si sistemano così. 
E quando le sistemi, impari tante cose di te e del mondo. 
E allora perchè mai l'anima dell'altro deve aver fatto il contrattino con noi, e non piuttosto avere le sue cosucce da sistemare, frutto della sua stessa attuale vita?
E' molto interessante pensare, invece, a come traumi e demoni si passino per via generazionale (e dai, consideriamolo un poco il mondo della materia e delle leggi fisiche, che esistono) di padre/madre in figlio/figlia, finchè qualcuno non decide di lavorarci su. 
Ho sentito le spiegazioni più fantasiose per far quadrare i conti. Ma magari la soluzione è sotto il naso. 
Non credetemi con un atto di fede. Provate voi stesse/i e verificate. Ci sono ottimi analisti in giro. Consiglio per tutte/i.

11. Eccessivo dolore o sommo ideale del "giudicar è sempre sbagliato"?
Questa teoria non inventa nulla. Attinge qui e lì a varie teorie e credenze di altre correnti ma io mi domando sul suo successo nel pensiero occidentale.
La new age l'ha diffusa capillarmente, e ha attecchito pure benino. Perchè?
Ogni religione ha cercato di dare delle risposte al "male" nel mondo. 
In questo caso, quello che molti chiamerebbero "male" è stato proprio giustificato senza se e senza ma. Ovvero, questa teoria non è che una delle varie risposte possibili a una domanda di senso.
Io invece mi domando: c'è forse, dietro tutto ciò, un gran bisogno di accettare ciò che di brutto accade nella propria vita, un dolore così grande che non si riesce a gestire se non tramite l'idea di averlo desiderato noi in primis?
Una specie di sindrome di Stoccolma, in cui ci si identifica nei propri carnefici legandoci persino a loro... "l'unico modo per accettare tutto questo, è che l'abbia voluto io".
Oppure, in un moto di ricerca di "altissimi purissimi ideali" a cui adeguarci, si è applicata l'idea che "il giudizio è sempre sbagliato". Una distorsione del discernimento confuso con la "critica distruttiva e a vanvera" e che rischia di farci cadere sul serio in un baratro di terribile relativismo. Io, che me la sono presa con papa Ratzi per il suo uso troppo facile della parola "relativismo", ora mi ritrovo a usarla a mia volta. 
Ma possiamo davvero preoccuparci di quando sia "sbagliato" giudicare, senza occuparci delle conseguenze sull'intera umanità e sul pianeta di questo nostro pensiero? Cioè, prendere una posizione è più sbagliato di lasciare che accadano schifezze immonde? No ma... Sul serio?
Possiamo occuparci solo del senso del nostro dolore, e non di come una simile teoria possa avere ripercussioni su un intero mondo?
La new age a parer mio ha preso una terribile piega. Quella di non aver capito di essersi inserita in un pensiero duale dicotomico e di fatto di riproporlo. (oltre a tante altre problematiche...)
E' un fioccare di terminologie tutte basate su "luce", "aspetto luminoso", "ascesa", "spirito", "volemose bene".
Ecco che no no no non si deve giudicare. No no no, il "bene e male" è una cosa riferita a una precisa corrente di pensiero e qui non ci sono vittime e carnefici nè buoni e cattivi. 
No no no è la nostra luce che ci salverà.

Beh non per me.
CONTROPROPOSTA: Un giorno lo dirò perchè non voglio mi si chiami "operatrice di luce". 
Non è di più luce che abbiamo bisogno.
Abbiamo semmai bisogno di rimettere le polarità in equilibrio. E questo per me è il vero significato di andare oltre alle categorie "bene" e "male".
L' identificazione dell'oscurità con il "male" ha già fatto danni, parecchi anche. Mantiene in vita la metafora della lotta, della guerra, dell'essere "contro". 
Ciò che ci fa soffrire è frutto di un'organizzazione sociale totalmente fuori equilibrio. Di menti e personalità fuori equilibrio. Che quindi agiscono "fuori equilibrio".
Che è qualcosa di altro dal "buio".
Ci vorrebbe un post solo per questo tema. 
Questa teoria delle anime che vogliono le loro esperienze, giustifica l'essere fuori equilibrio come una scelta.

Di fatto che fa? l'effetto pendolo. 
Sbatto di qua, sbatto di là. Poi di nuovo di qua e poi di nuovo di là.  Come un veicolo fuori controllo.
Abbiamo bisogno di guardare ai nostri demoni, non di giustificare la loro esistenza acriticamente. Abbiamo bisogno di comprenderli. Abbiamo bisogno di comprendere cosa sta sotto.
Abbiamo bisogno di scegliere.
Questa teoria non considera che non viviamo nell'unico mondo possibile. Ma che di mondi ce ne sono tanti. 
Se ce ne sono tanti, ci sono modalità alternative alla presunta scelta che faremmo prima di nascere. Spiego meglio: non faremmo che ripetere meccanismi (e "desiderare" esperienze) appartenenti a un ideologia patriarcale. Ma invece li riteniamo "neutri". 
Il più profondo significato del concetto di "interruzione della catena di incarnazioni" credo stia in quanto segue: ammesso che se ne esca, accadrà meglio quando usciremo dalla dualità. Dall'effetto pendolo. Dall'eterna lotta che alimenta se stessa all'infinito. 
Quando riprenderemo il nostro ruolo di Creatrici e Creatori. In favore del benessere di tutte le creature.
E non solo del nostro egoistico (ben)essere.

Forse.
O forse no.

Che si fa quindi quando le cose non tornano, e le teorie fanno acqua da tutte le parti se ci si ragiona con un pò di logica?
Si tira fuori la solita vecchia scusa della "fede acritica". 
"La logica delle anime non può essere colta con la nostra logica". Te pareva. Già vista, con la storia di San Tommaso che vuol metterci il dito. 
Abbiamo bisogno ancora di masse di fedeli acritiche? 
Si? A patto però che tutti i sostenitori e le sostenitrici di questi modelli, conscie o meno non importa, si prendano la responsabilità di quello che stanno creando. E' ben arrivata l'ora. 
Di dogmi e verità sparate come assoluta necessaria evidenza beh, io mi sono proprio stancata.
Tutto può essere.
Ma metterci e mettere in dubbio è altrettanto un'azione di sacralità. 
Per non prenderci troppo sul serio.
Perchè siamo tutte/e parziali. E non si può dire affatto "ecco tutto", non si può liquidare così una questione come questa. Non è affatto "tutto".
La nostra sfida per il futuro è capire di essere tasselli di un immenso puzzle e capire come valorizzare i nostri diversi talenti e le nostre diverse intuizioni al servizio di una migliore Creazione. 
E' riprenderci il nostro ruolo. 
W il discernimento. W la capacità umana di scegliere e agire pensando alle conseguenze: urge tornare a riprenderci questa capacità come sacra.
Rendo grazie alla Grande Madre per il potere che mi ha dato.


giovedì 7 gennaio 2016

Spiritualità e scontri tra donne

Donne contro donne, ancora una volta.

Un recentissimo attacco che una mia amata sorella ha ricevuto mi ha fatto riflettere sulle modalità crudeli che spesso riusciamo a manifestare laddove qualcosa in qualcun altro non ci garba, ci da fastidio, non incontra il nostro consenso.
Sia chiaro. E’ lecito il disaccordo. E’ lecito che il lavoro di un’altra persona non ci convinca, non ci piaccia, per mille motivi. Io stessa non è che condivida il lavoro di chiunque, alcune cose personalmente non mi piacciono certo, fino ad arrivare anche al fastidio… ma…
Ma c’è un “ma”.

Si sta parlando in ambito spirituale, quindi non di malumori calcistici. Ma i toni sono i medesimi.
Mi sconvolge quando una donna o chi per essa arriva a tentare di “demolire” un’altra donna con toni tanto aggressivi, etichette davvero svilenti come “new age” (la preferita di chiunque voglia screditare una corrente spirituale considerata “concorrente” o “nemica”, utilizzata anche in campo accademico), vari sinonimi di “truffatrice e ciarlatana”, praticamente una donna dipinta come una stupida (proprio così, pure riferimenti alla capacità di pensiero e all’intelligenza) indegna, che mischia spiritualità con “il vile denaro”, una serie di giudizi di valore non solo sul lavoro della sorella in questione, ma anche sulla sua persona, dignità e integrità morale.
Non si cita il nome della donna ma si cita il lavoro che porta avanti, rendendola così riconoscibile e peraltro mi domando quanto questo sia lecito penalmente. Il suo lavoro è frutto di anni di ricerche compiute e il risultato è presentato non come “unica Verità possibile” da propinare a scapito di altre verità, bensì come un personale dialogo con delle energie antiche che forse, anche attraverso di lei, vogliono raggiungere un pubblico di oggi con mezzi di oggi. Di fatto riuscendoci. Sarà questo il problema? L’odio per il successo altrui? La paura di “scomparire”? Di non vedere riconosciuto il proprio lavoro?

La risposta al lavoro della mia sorella mi richiama i peggiori metodi patriarcali. Di svilimento e umiliazione. 
Si invoca come "seria controparte" un modello di spiritualità non molto “femminino”, di quello che “solo dogmi e solo Verità inoppugnabili” per cui la mia sorella in questione non capirebbe nulla, non solo non sarebbe degna dei “veri” insegnamenti, nonostante l’oggetto di contesa sia un tempio (quello delle Yogini di Hirapur) con chiari riferimenti a una sacralità di forma e energia femminina. E chi ha diffuso l'attacco diffamatorio, un'altra donna in ricerca del sacro femminino. E anche questo mi stupisce. Care donne, cari uomini, quale mondo stiamo creando? 
Chi dice di percorrere da tanti anni un sentiero spirituale, è davvero così che dovrebbe porsi dinanzi a ciò che non ritiene gradito?
Noi donne che lavoriamo nel sacro femminino, non riusciamo a fare altro? Infamarci, accusarci, demolirci, perché? E’ perché temiamo di perdere qualcosa? E’ perché non riusciamo ad andare oltre la sciagurata competizione che ci ha inculcato questa modalità patriarcale?
Quanto sta accadendo non è che un esempio per riflettere su modalità e pratiche che purtroppo lasciamo agire in automatico. Troppe volte.
Idee alternative me ne vengono molte. 
Si potrebbe parlarne insieme in modo almeno da conoscere le reali intenzioni di colei o colui che non comprendiamo. “Guarda, io ho una visione molto differente dalla tua/ ho appreso delle verità differenti su questa cosa, mi spieghi perché tu ne parli così?” ad esempio.
E’ molto scortese giudicare in tal modo chi non si conosce a fondo ed è soprattutto poco saggio credere che questo nostro pensiero nei confronti altrui debba essere l’unica vera realtà possibile.
Certo, il parlare assieme necessita di coraggio e la nostra cultura non incentiva il dialogo. Ma siamo tutte su un cammino spirituale no? Su, io credo che possiamo fare di meglio di così.

Vedete, questo esempio mi richiama le “guerre di religione”, non a caso ancora in corso. 
Si, cominciano tutte così. 
I monoteismi e le religioni patriarcali sono stati campioni in questo terreno di battaglia.

Si comincia con l’idea di una parte che si sente “pura” contrapposta ad una definita “impura”.

Si continua infierendo, diffamando “gli impuri”, “gli infedeli” in ogni modo possibile. 

Non si desidera davvero conoscere l’altro. E ciò mi fa pensare che si tema di perdere qualcosa, oppure che questo scontro non faccia altro che riflettere, come uno specchio, uno scontro a livello più profondo che avviene in noi. L'altro diviene un tabu. Da censurare.

Queste guerre si nutrono di dualismi e di dicotomie. Esattamente ciò che il cammino della Grande Madre tenta invece di superare. Dualismi che vogliono un eterno scontro tra la parte bianca e la parte nera, lo yin e lo yang, il puro e l’impuro.
Nella misura in cui questo scontro è in noi, lo stesso è quel che proietteremo al di fuori di noi. Questa è la strategia che il nostro ego adotta per difendere se stesso dalla possibilità di accettare e integrare ciò che non vuol vedere.

Credo che il principale fallimento delle religioni patriarcali e delle correnti dualiste dicotomiche sia proprio in questo: la censura di una parte in favore dell’altra, una considerata positiva e una negativa, in uno squilibrio che mai si colmerà, e una lotta che mai avrà fine. 
La parte censurata premerà per uscire e essere riconosciuta. 
La parte accettata farà quindi appello ad ancora più energia, ancora più aggressività per tenerla a bada e reprimerla.

Ecco i dogmi.  Ecco le epurazioni. Ecco i fondamentalismi.  
Regole sempre più severe per controllare ciò che non si vuol vedere e che inevitabilmente si proietta su qualcuno al di fuori di noi.

Chiunque di noi ha interiorizzato questi schemi. Credo sia piuttosto problematico lasciare che questi ci controllino. Soprattutto quando abbiamo il coraggio di definirci “superiori a qualcun altro”.
Lama Tsultrim Allione spiega molto bene questi meccanismi nel suo capolavoro “nutri i tuoi demoni”. 

Noi tutte e tutti, ricercatrici e ricercatori del sacro femminino, ogni tanto ci caschiamo. Io stessa ci sono cascata ed è per questo che penso di offrire questa analisi con cognizione di causa.
Non è la caduta in sé che mi turba, ma il perseverare. Il continuare a credere che le cose siano solo “come le vediamo noi”. Il pensare di creare terra bruciata e inviare tanto odio a chi può non piacerci, ma è sempre alla ricerca, come lo siamo noi. Fa del suo meglio, come lo facciamo noi. L’odio in questo senso è un legame, non è da dimenticare. Non privo di conseguenze. 
Ciò che la Grande Madre mi ha insegnato, è che infinite sono le vie in cui Lei comunica a coloro che la ricercano.
Ciò che ho imparato, è che a volte queste vanno anche oltre la comprensione che io ne ho, perché in quanto umana sono si divina ma anche parziale.
Ciò che ho imparato, è che lei non è dogma immutabile ma trasformazione. Non è pura ortodossia ma creatività. Non è nei metodi patriarcali che parla a noi donne. 
Al contrario, il suo risveglio è parallelo al modo in cui siamo in grado di riprendere possesso di conoscenze che passano per altri canali. Nel corpo. Nelle emozioni. Nelle intuizioni. Nella capacità di risolvere le dicotomie. Quindi nella fusione di mente e corpo. Di spirito e materia. 
Le Sue vie non separano.
Le Sue vie uniscono.

E se anche le vedute sono destinate a restare inconciliabili, ci sono modi e modi per comunicare il disaccordo e la presa di distanza da ciò che non ci piace.

La pura sapienza serve a poco, se le corde che tessiamo nel mondo sono sempre cariche di odio e rancore. Ecco un altro risultato della scissione tra mente e corpo, tra spirito e materia. La spiritualità che conosco o è sempre, ogni giorno, o non è. Non si esaurisce nella stanza del tempio. Non finisce nella grotta in cui si medita. Si porta nel mondo, attraverso il modo in cui agiamo. Quello che davvero parla di noi, al di là dei lustrini e degli abiti che vestiamo, al di là del curriculum lungo una pagina di titoloni, al di là delle nozioni che sappiamo ripetere a memoria.

Lascio all’Universo e alla Grande Madre la preghiera che, un giorno, possiamo apprendere a risolvere in altri modi i nostri conflitti, le discordanze tealogiche, senza mai mancarci in tal modo di rispetto.

Tutto il mio amore e vicinanza alla mia sorella, stimata, seria, appassionata, innamorata ricercatrice.


martedì 5 gennaio 2016

Maternità e donne: tra vecchi e nuovi significati




Expo è finito da un paio di mesi, ma mi resta ancora l'amaro in bocca per le polemiche su maternità e allattamento, che colgo come un'"occasione sprecata" di risignificazione di eventi femminili che ancora sono troppo intrisi di significati decisi da una cultura maschilista e ora vado ad argomentare i motivi che mi fanno dire questo.
Lessi un articolo molto arrabbiato da parte di una frangia di femminismo (mi pare evidente che ormai si debba parlare di "femminismi" al plurale), che conteneva frasi come "sarebbe anche ora di dire basta", attacchi alla "logica del seno", a Syusy Blady e ad altre donne, attacchi che a parer mio però fraintendevano il significato che si desiderava veicolare.

Il problema è che, con questi attacchi, non si riesce ad andare oltre la visione patriarcale della maternità: per cui, se non concordo con l'idea maschilista ancora in voga che dice che essere "madre" è un'imposizione che viene da "Dio" e "sono obbligata per natura ad adempiere con spirito di abnegazione e sacrificio"  (e ribadisco che io stessa non concordo affatto con tale assurdità), devo fare l' opposto. Finisce che se maternità è obbligo e allattamento schiavitù, rigetto l' esperienza. E apro spazi per uteri artificiali e multinazionali dei latti in polvere.
È gettare letteralmente il bambino con l acqua sporca. 

Nemmeno io voglio "quel" tradizionale modello di maternità. Ma non voglio nemmeno l' imposizione di un modello cosi drammatico, che è altrettanto patriarcale almeno per due questioni: la prima, e' che risulta una seconda imposizione. Mentre io voglio autodeterminarmi anche nel mio modo di essere madre. Esperienza che, come ho scritto altrove (leggi qui), mi ha restituito molto moltissimo potere, piuttosto che levarmelo.
La seconda, è che proprio per questo motivo, si va a imporre a chiunque scelga di essere "diversamente madre" un modo che ha molto da perdere, col rischio per le doppie volte donne disobbedienti (disobbedienti verso il patriarcato e verso coloro che dicono di volerle difendere) di "meritarsi" spiacevoli etichette di antica memoria, etichette svilenti che ricalcano i violenti modi patriarcali di far sentire le donne " inadeguate".
Il fatto che nella maternità e nell'allattamento, ai quali ho attribuito significati terzi a quelli proposti dal patriarcato o da questi modelli di femminismo, io abbia guadagnato in autostima e consapevolezza del mio potere e del mio corpo, non vuol dire affermare che coloro che scelgono di non diventare madri, o che non possono o vogliono allattare, siano incomplete.
Attenzione, perche' è proprio qui il tranello. Non c' è un' unica via a scapito di un' altra. Non ci sono solo DUE possibilità, "a" o il contrario di "a". Non c'è solo la logica "o - o". Usciamo da questo sciagurato dualismo.
Chi non può o non vuol essere madre ha un mondo di altre possibilità per autodeterminarsi e realizzarsi. E non è certo incompleta. Fatemelo ripetere.
Chi non vuole o non può essere madre ha un mondo di altre possibilità per autodeterminarsi e realizzarsi e che sia incompleta è una sciocchezza. Lo dico con forza e convinzione.
Di più. Affermare per secoli questo "dovere divino" (quale "divino" poi? perchè anche nella sacralità i significati possono essere altri da quelli imposti) è stato un sopruso, una forma di violenza, un tentativo coercitivo di controllo sulla donna. Ma altrettanto violenta è l'affermazione opposta. La critica delle madri come tutte schiave, sottomesse, persino egoiste, e chi più ne ha più ne metta perché ho letto terribili cattiverie: provenienti da donne nei confronti di altre donne colpevoli di aver scelto diversamente da loro. Non abbiamo già sperimentato abbastanza questi schemi? Vedo più patriarcato in questi attacchi aggressivi, che in una scelta di maternità consapevole. A questo scontro tra donne, si, è ora di dire basta!
La verità è che si può essere complete e felici anche senza figli ma questo non deve offuscare e negare anche la possibilità di vivere una maternità come reale iniziazione e potenziamento di sé. Una realtà sempre più sperimentata da sempre più donne. Che sono lucide, coraggiose e forti, e non illuse, sottomesse o " maschio identificate".
Non è l'allattamento, che ci ha reso schiave di cucine e fornelli. Semmai all'opposto, le antiche culture matriarcali (ricordo che il termine non è il contrario di patriarcale) celebravano il potere femminile della "trasformazione e del mutamento". Alcune culture trovavano un modo di celebrare questa potenza affidando la cottura e trasformazione del cibo alle donne nel tempio. Come sommo atto di sacralità. Alla pari, trasformazione nella tessitura, nella ceramica, nell'agricoltura.
Quelle donne costruivano cultura ed erano non solo partecipi, ma determinanti nel crearla. Non ha nulla a che vedere con il segregarle in casa inventando pretesti per tagliarle "fuori dal mondo". Non è possibile codificare quei contesti con le categorie del pensiero patriarcale. Non è possibile comprendere "quel" potere se dentro di noi abbiamo abilitato solo l'arrogante modello di potere patriarcale.
Se non ci sforziamo di leggere queste realtà fuori dai significati maschilisti, non sarà mai chiaro. È stato il patriarcato a spogliare questi atti dei significati che avevano, sino a cambiarli e rovesciarli. Rappresentavano un potere verso il quale si era invidiosi, come registrato da molti miti cosmogonici. La rivoluzione patriarcale inizia col negare questi significati e col sottrarre potere, riducendo tutto a un presunto " dovere per natura di servire l'essere di serie a, da parte dell'essere di serie b".
Al pari, se permettiamo che la parola "maternità" con ciò che ci ruota attorno mantenga solo questi significati attribuiti da una cultura maschilista, non facciamo che dare forza a schemi che si, sarebbe ora di scardinare. E badiamo, che lo facciamo ogni qual volta critichiamo coloro che ricercano e rivendicano terzi, quarti, quinti significati rispetto alla loro maternità, al loro allattare, al loro partorire. Che si, possono essere esperienze di restituzione di enorme potere. A chi giova negarlo? 

Ci caschiamo ancora?
Non mi pare una bella idea, rinnegare questo potere. Nessun attuale matriarcato lo fa. Occorre ribadire che non è l' unico modo possibile di essere donna. Ma non va affatto, di giudicare chi lo rivendica. Mi pare un'illusione data dal pensiero dicotomico, che fa credere che queste donne siano pericolose per chi sceglie di non avere figli.
E allora dico, non è questa la via: questo finirà per dividerci. E il patriarcato non ci ha già diviso abbastanza?
Se associare "donna a natura" evoca solo i significati che la cultura maschilista ha dato alla categoria "donna" e alla categoria "natura", allora siamo noi per prime a confermare quei significati. Così come rigettiamo tutta la sfera del sacro a causa dei significati di "sacro" attribuiti dal patriarcato.
Chiedo scusa ma io disobbedisco due volte. Disobbedisco a "quel" binomio "donna-natura" che il patriarcato vorrebbe per me e disobbedisco a chi "mi vorrebbe difendere" scrivendo "sarebbe ora di dire basta al binomio donna-natura" imponendomi però un altro modello che è "il contrario di..." e che non sento mio.
Lo faccio perché rivendico e riprendo il mio diritto di significare in altro modo le suddette categorie. La mia natura è ben altro. 

La lotta sul livello della dicotomia non fa che dare potere a quei significati. Io invece voglio altri significati e la libertà per tutte le donne di scegliere ed essere diverse tra loro. O cadiamo dalla padella alla brace. Da un modello a senso unico a un secondo modello a senso unico uguale e contrario.
La vera " rivoluzione" ci sarà quando capiremo di poter valorizzare le differenze di scelta, o di vita, piuttosto che eleggere nuovi modelli unici, nuovi dogmi e nuove verità. 
Non iniziamo noi stesse, di nuovo, a boicottarci... La donna è una e multiforme. Non "polarità uguale e contraria" a significati culturali predefiniti. 
Multiforme. Come la Dea.
Il nostro vero potere è quando possiamo scegliere e dare significato alle nostre esperienze.