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domenica 20 ottobre 2013

Dea chiama, io ho risposto

Un piccolo anticipo del mio progetto di scrittura. Le emozioni della mia prima ufficiale dedicazione.

Non è ancora il tramonto, e già l’aria inizia a farsi pungente. E’ l’ umidità di un tardo pomeriggio inglese, nel giorno dell’equinozio d’Autunno, che inizia a sentirsi nelle ossa. Il cielo è terso e pulito, l’atmosfera è carica di emozioni e di attesa. Ci guardiamo vicendevolmente e silenziosamente negli occhi, noi, sicure e sicuri di condividere il medesimo stato d’animo, come se i nostri cuori battessero sincroni in una sessione di percussioni, e il loro suono l’unico meritevole di essere emesso.
E’ così  che varchiamo il cancello, attente a non violare quel silenzio con il rumore dei nostri passi. Tamburi che gli occhi non scorgono, incalzano da lontano il ritmo dei nostri cuori, suggerendo che il momento per cui ci siamo a lungo preparate è ora imminente.
Un ulteriore ingresso si apre e si chiude per ciascuna individualmente, con intervalli che sembrano – o forse sono - eterni. Il filo tra le mie dita ruota attorno alla bacchetta di quercia, giro, su giro, su giro, mentre il pomeriggio si fa sera e la sera presto si fa notte. Sento freddo, ma come se il mio corpo fosse distante dal centro in cui mi percepisco ora.
Allora capisco, il mio momento è arrivato. Mi alzo, cammino verso la guardiana della soglia. E’ l’ignoto che mi aspetta. E io voglio entrare.
Urla libere e selvagge, profumo di incenso, scorrere d’acqua, tamburi. Sale l’adrenalina. Non posso vedere, mi devo fidare.
Arrivano sensazioni di ricordi lontani. “Suggestione!”, prova a protestare la mia razionalità. “Forse”, le risponde il mio cuore, “ma non ho mai provato in questa vita niente di più bello”. La metto a tacere. Ora non mi serve.
Creature d’aria mi sospingono in un nuovo mondo, sussurrano al mio orecchio, mi afferrano, mi accarezzano, mi sostengono.
Mi spoglio di ciò che ero. Questo è un nuovo inizio. Non necessito dei vecchi abiti, e nemmeno di un pudore costruito culturalmente in millenni di censura del mio corpo di donna. Sono al sicuro, tra sorelle e fratelli. Libera di danzare con gli elementi.
Mi purificano spiriti d’acqua, il freddo intenso è di quelli mai sperimentati prima. O forse si, al momento del mio ingresso al mondo. Ma non lo ricordo consciamente. Questo è un altro ingresso, una nuova occasione, la conferma di un nuovo sentiero: rinasco. Il fuoco che arde dentro il mio petto cresce fino a sovrastare il tremore della mia carne; sono presente e fiera, mi ergo, come per allungarmi oltre i miei confini, per permettere ad ogni atomo del mio corpo di ricevere tanta benedizione.
Con nuovi abiti onoro il mio corpo, che riceve bellezza.
L’acqua scivola anche dentro di me, sigillando ciò che già è avvenuto all’esterno. Sono pronta per il fuoco.
Si avvicinano i tamburi, rido sonoramente. E’ una bestia selvaggia quella che si sta liberando in me? No, è la mia natura. Questa sono davvero io, nella mia potenza più genuina, risvegliata dalla vista delle fiamme che danzano alimentate dai tamburi, e pulsano. Pulsa il mio cuore, pulsano le fiamme. Pulsa ancora il mio cuore, pulsano le fiamme. Godo di questa potenza selvaggia, che si impossessa dei miei fianchi, muovendoli a tempo dinanzi al calderone della Dea Keridwen.
Le fiamme divorano ciò che sono stata, osservo la loro avidità. Divorano le mie paure,  le trasformano, rigenerano la mia essenza.
Godo del mio stato di coscienza, mentre mi preparo a onorare la terra.  Rinnovato? Alterato? Non oso cercare definizioni. Preferisco vivere ciò che sento.
Via le scarpe, voglio partecipare di questo meraviglioso concreto elemento. Cammino, i miei piedi gioiscono alla terra come al tocco di un amante, nulla temo. Sciolgo i capelli, voglio il vento a suonarli come corde d’arpa percosse da invisibili dita.
E il tempo più non esiste. Mi sento creatura nuova e creatura antica, nel medesimo istante.
Quel momento, lo sento adiacente ad altri di epoche lontane, come tante preziose perle di collana mantenute assieme dal medesimo filo.
Ora tutto è di nuovo silenzio, come silenzio era all’inizio. Le sagome degli alberi nel buio sembrano mutare, per ritornare alberi al battito delle mie ciglia. Le pietre sfumano in antiche rocce, e sento migliaia di occhi di invisibili testimoni su di noi, osservatori benevoli di quanto sta accadendo.
I mondi si toccano, i cancelli sono aperti. Le mie parole ora rompono il silenzio. Escono dalla mia anima e sono gli spiriti della terra ad afferrarle, radicarle, farle sbocciare e fiorire.
Sono parole d’amore e di impegno. Sono parole commosse e felici. Sono parole libere, semplici e per questo potenti, che varcano ogni soglia aperta mettendo in contatto la mia più profonda essenza con il Tutto che è lì ad accoglierle. Con il Tutto che è Dea.
Parole il cui eco è ancora udibile, nell’eterno momento del presente.

2 commenti:

  1. Perdonami se mi inserisco a “gamba tesa” sul tuo blog. Ma ti serei molto grato se potessi dare la massima diffusione al mio ultimo post “Un libro di testo scolastico” (http://lases.blogspot.it/2013/10/un-libro-di-testo-scolastico.html) apparso sul mio blog “E Nos Lases Iuvate” (www.lases.blogspot.it) perchè si tratta di una faccenda che mi ha fatto molto, ma molto arrabbiare.
    Ti ringrazio in anticipo.

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  2. Bellissimo, denso di passione genuina, feroce, libera, danzante... Era il giorno della tua donazione a Dea? Ti ho vista camminare e poi sentirti libera e partecipe di un'armonia divina che tutto permea. Un abbraccio da sorella a sorella!

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